lunedì 20 dicembre 2010

odio i bambini

homo sapiens sapiens allo stadio più originario, animale. Spontanei, innocenti, senza filtri... così come dovremmo essere tutti.
Odio i bambini, non so come rapportarmi loro. Occhi grandi che sembrano vedere nella verità oltre le maschere, pensieri e progetti come ci hanno portato a disimparare.
Stazione di cambio: pensieri in cui resto assorto e compagni di viaggio con cui far comunella. Il bello dei viaggi senza certezze è anche questo, c'è tempo di scambiar chiacchiere con persone che intravedi interessanti, o che scopri tali.
Bar sala d'aspetto, leggo volti come un libro, fantasticando vite che intreccio per loro e lascio poi svanire poco dopo svoltato l'angolo. Una famiglia, una bimba; la madre si distrae appena un attimo e lei scivola oltre verso la porta a vetri. Cosa avrà visto? Chi inseguirà?
Sbatte con le mani al vetro.
Non inseguiva nessuno. Solo, aveva visto le stelle che ornavano per natale la porta.
Semplicemente voleva toccare le stelle.
Odio i bambini, perché semplicemente vogliono ancora e sempre rincorrere le stelle.

Vogliono semplicemente toccare una stella.

domenica 19 dicembre 2010

Purché con calma

Per un impetuoso come me è sempre difficile ammettere che sia la calma a premiare. E' così. Ogni volta che all'ansia e alla furia contrappongo una calma capace di rallentare il prossimo ottengo molti più benefici di altri.
Forse è un retaggio di quelle barriere di metallo che indossavo per contrappormi antiteticamente agli usi di chi mi capitava d'intorno, ma da anni ormai più chi mi circonda è pressante più io cerco di rivolgermi al mio interlocutore con fare accomodante, a discapito magari del tempo.

In stazione sembra la folla per una lapidazione l'assembramento che è nell'ufficio informazioni. Un uomo da solo risponde a tutti.
Freno a mano mentale molto ben tirato ma palesemente al limite nervoso. Ripete a tutti lo stesso problema. Io ho una meta diversa. Aspetto non poco per avere informazioni diverse da quelle che tutti, branco di sordi egocentrici, chiedono: Se per Firenze è bloccato il transito, lo sarà per tutti, comprese le stazioni intermedie, no?
Trattengo sarcsmo e acidità. Aspetto. Persone distratte perdono il loro treno, altre capitano solo per sapere se prima o poi arriveranno a destinazione.
Certamente dal loro punto di vista, in attesa di definire e finire un viaggio dalla notte antecedente, è più che plausibile l'irritazione ma non la trovo la soluzione ideale in una avversità collettiva.
Aspetto ancora.
Aumento gli stimoli solo quando un treno per me potrebbe essere in partenza. La scelta però non è scontata a fronte della mia non necessità primaria di tornare a una casa, una famiglia, un lavoro.
Cerco dispiegarmi. Meglio che posso nel caos. Pacato, gentilmente... penso allo stress in campo medico quando mentre cerchi di dedicarti a un caso grave sei tartassato di domande inutili. Provo a sincronizzarmi sui tempi di chi potrebbe lavorare per aiutarmi. Attendo.
Riesco a farmi assicurare con un sorriso e una telefonata la continuità del viaggio tra le coincidenze.
Corro.
Con la consapevolezza della possibilità, corro.

Ho vagato a lungo in un manto gelato. Ora inizia il viaggio.
Per quanta poesia si voglia cercare in un autunno avanzato sfumato di candore la realtà è la sola cosa davvero potente ed io mi trovo su nient'altro che un grosso vibratore di ferro che trapassa un montblànc.

sabato 18 dicembre 2010

varcando soglie

Soglia di casa, guance che pizzicano e suole che scrocchiano.



Il sole da poco s'affaccia al cielo. E' una luce celeste a rischiarare la neve gelata.
Circospezione è la sola filosofia stamane. Ogni passo ricorda molto scelte della mia vita: dubbi e scivoloni. Giunto sull'asfalto é un attimo prendere rotazione con tutta la valigia e fare un passo che dura tre metri.
Anche camminare verso la stazione sa interessare se gli si presta orecchio. Infatti il crepitio del cammino muta come fiamma ed ogni muscolo è attento a non scivolare ancora. Ogni singolo movimento è apprezzato tantissimo, più intenso. I piedi si rincorrono rinsaldati dall'esperienza.

L'attimo migliore è al centro di Ponte della vittoria.
L'Arno scorre indifferente mentre il sole brilla di arancio e cipria che fende gli alberi e rimbalza sull'ansa del fiume.


Ho trovato il gusto di fermarmi a Respirare quell'istante, dimentico del traffico a ruote slittanti e dei treni fermi. Io, l'acqua, il sole. Già che ero questi, interiormente fuso, ho immaginato di voltarmi e lanciarmi con loro dentro la città, scorrerla e tingerla di riflessi così belli che molti li trascuravano.

Un respiro ancora.

La passeggiata riprende.
Scorro facce in attesa di automezzi inesistenti. Ombra e vicoli: passi nuovamente incerti.
Ogni via ha la sua personale risposta alla neve. Case con riscaldamenti al limite del geotermico già sciolgono le soglie ghiacciate. Altrove sono i balconi ad aver preservato i marciapiedi: passerelle intonse.

Stazione.
delirio e spasso. Ieri dei ragazzi in attesa avevano superato l'attesa del blocco totale facendo un enorme pupazzo di neve. Oggi invece al suo posto erano parcheggiati gli automezzi della protezione civile.
Ancora un respiro ai tetti bianchi prima di fronteggiare il viaggio da calamità naturale.

venerdì 17 dicembre 2010

oltre il maltempo

A Pisa è arrivata la neve. Preannunciata, attesa. Da un cielo terso e gelido, forse non ci si sarebbe aspettato un risveglio candido, invece è stata la neve.

Per una repubblica marinara e i suoi abitanti un soffice cuscino è bastato per originare il caos. C'è stato chi transitava con le catene, chi tamponava o finiva contro muri di un rettilineo. Persino chi ripartendo in scooter ad un semaforo sgasava fino a esibire drammatici testacoda.
Tutto quanto ha sovente risvolti irosi e drammatici sulla popolazione tutta. Il trucco però c'è: basta saper prendere il tutto per il verso giusto.
Il mio "Io" infantile ha sempre gioito con occhi estremamente sgranati dinanzi ai paesaggi innevati. Così ore di fila per pochi ghilometri divengono occasione per guardare meglio rami senza foglie decorarsi sofficemente, steli e foglie flettersi al candido orpello.



- Questo non è che un prospetto di ventiquattro ore d'incanto innevato in cui saltellavo gaio tra gli incubi altrui; presoeguirà nei giorni di quel weekend, anche se sono stati scritti grosso modo in sequenza continua di miraggio in miraggio, stupore dopo stupore -

lunedì 13 dicembre 2010

Di Distanze e sorrisi

E' un mondo strano questo: aliena e rende frenetici, annulla le distanze. Contrapposizione di questo tempo davvero interessante. Si viene sempre più assorbiti, risucchiati. Ci si stacca dal mondo comune perdendo il tempo di dar valore o ascolto a persone circostanti... non si conosce più i propri vicini di casa.
In questo aumento di distanze vicine verso l'infinito verso uno scambio di cortesie infinitesimo, è facile per merito della teconologia lasciarsi scoprire da persone distanti centinaia di chilometri. E' finita l'era delle chiamate da una cabina nel cuore della notte, gestendo baci ed ansiti e discorsi sui sogni futuri in funzione del numero di gettoni nella tasca. Ora ci si può vedere negli occhi e raccontare di spruzzi di mare sugli scogli mentre l'altra persona c'incanta con i refoli di luce che rendono i tetti uno spettacolo cangiante come fiamma.
E' un'epoca che permette di sentire vicino chi non si può accostare. Croce e delizia. Si può resistere a distanza? non ci ho mai creduto troppo. Per dirsi davvero compagni è necessario confrontarsi con la quotidianità di gesti, ire, dolori, insofferenze. Eppure, purché per periodi di tempo determinati, credo con lo stato attuale delle cose ci si possa sentire felici anche senza una carezza prima della buonanotte.

Gli occhi che guardi in un monitor gelido sanno divenire fuoco, a volte basta vedere quel sorriso che racconta entusiasta il mondo che ha vissuto per sentire di averne vissuto un po'. Casa generalmente è un luogo; "un luogo dove stare in pace" o semplicemente un luogo cui tornare, dove sentirsi capiti, una mensola su cui poter posare l'elmo dell'armatura. Messa così "casa" si può pensare anche uno stato d'animo. Sillogisticamente se per sentire quel tipo di riverbero nell'anima è sufficiente una persona, bèh! allora casa può essere anche una persona.

Qualcuno a cui tornare.

Avere qualcuno così è come il vix sul petto che spalmava la mamma: una boccata d'ossigeno e tepore sul petto.

Credo una persona così si debba lottare per non perderla o almeno la si voglia accanto anche se non nella veste desiderata, ma solo come risorsa estrema. E se ci fossero distanze?

Ecco, credo che si possa sentire la propria casa anche a distanza di chilometri e più. Se ci si può affidare di abbassare la guardia solo parlando con qualcuno allora lo si può fare ovunque godendo del sorriso che quegli occhi e parole sanno raccontarti.
Sorridendo assieme, tepore sul petto.

sabato 4 dicembre 2010

dubbi estemporanei

Girello nel web sfruttando un raro momento di pausa. Faccialibro, youtube, siti d'informazione (ormai i tg fanno più gossip di Signorini...) e mi trovo innanzi una canzone di quelle senza tempo: "The sound of silence".

Come resistere ad un ulteriore ascolto?
Già partono le prime note che inizia una carrellata di immagini. Tu_tubo è prodigo di queste cose ed io per primo ho sfruttato più volte, ma per questa canzone mi è sorto un dubbio.
Tutti associano questa canzone ad un'ode al silenzio e di conseguenza ad immagini che dovrebbero correlarsi a luoghi silenziosi, pacifici.
A nemmeno metà canzone è un tripudio di spiagge, boschi, praterie... ma non cose qualunque, no! c'è anche la spiaggia con palmizio e due sdraio in plastica vuote!
Cerco di non pensarci e chiudo gli occhi focalizzandomi sulla canzone. Ecco l'idea per il post: ma ricordavo male io il testo? o nessuno s'è mai un minimo soffermato su quel che c'è oltre a "il suono del silenzio"?
Vi invito a farlo se ancora non l'avete mai fatto



Questo non vuol denigrare certo le belle slideshows che ho visto, ma porre l'attenzione sull'idoneità di certe scelte dettate dalla fama e da associazioni mentali fatte frettolosamente o superficialmente in cui tutti incorriamo.
In questo mondo frenetico che ci porta a sovrastare il silenzio, vorrei esortarci a prendere fiato ogni tanto per godere del mondo che ci stiamo perdendo

mercoledì 1 dicembre 2010

Spiazzato.

Nei giorni scorsi ci hanno lasciato vari personaggi più o meno noti: Irvin Kershner, regista del secondo film di Guerre Stellari "L'impero colpisce ancora", Leslie Nielsen, attore comico americano che aveva recitato "dracula morto e contento", "una pallottola spuntata", e Mario Monicelli.

Se mi ha stranito la scomparsa del protagonista di molti film demenziali americani da me visti in età pre adolescenziale, la scomparsa di Monicelli mi ha fatto proprio male. E' stato un Genio della commedia, custode di un senso del ritmo, del tempo comico, del saper far ridere a lungo, senza stancarsi. Non credo sia un caso se ancora in molti rispondono con un fischio e un "Bum!" al grido "Branca! Branca! Branca! Leon! Leon! Leon!", così come non penso sia accidentale che la Supercazzola abbia contagiato almeno tre generazioni.

Mi ha fatto male che sia venuto meno un decano talmente lucido da aver detto pochi mesi fa "ci vorrebbe la rivoluzione... ma gli italiani non sono un popolo capace di fare una rivoluzione" (sintesi di quanto detto, cercate su youtube se volete sentire cosa essattamente ha detto) con una tale lucidità, con una disamina talmente onesta da far cadere le braccia.
Ecco, se ne è andato un Grande. Un Grande vero, uno degli ultimi.


In tutto questo la sola cosa che mi fa ancora sorridere con serenità è come Monicelli se ne sia voluto andare. Malato di un male incurabile si è suicidato. Manifestando il suo senso di libertà, di non conformismo, di pieno possesso della sua vita. Dopo vari trascorsi sono arrivato a ritenere il suicidio una via di fuga troppo semplice. Ma dopo una vita trascorsa appieno non è una fuga, è un'uscita in grande stile... è buttarlo in quel posto al bieco mietitore e alla naturale fine delle cose.

In un paese dove non è ammesso porre fine a delle sofferenze risparmiando degrado fisico e mentale, lui ha trovato la sua soluzione non concedendo a nessun altro di scegliere al posto suo. E' rimasto libero fino alla fine, come tutti vorrebbero e pochissimi osano.

Applauso senza fine; sipario.