mercoledì 30 maggio 2012

fate finta di niente

"... se non son divertente" chiude così un verso d'una canzone dei Timoria.
La frase a dire il vero di quella canzone che più mi piaceva e piace tutt'ora è una domanda: "Cosa c'è, cosa c'è? cosa c'è in una canzone di me? è che c'è è che c'è, è che c'è tanto dentro tanto di me".

Questo per ricordarmi e ricordare a chiunque passi di qua che tutte le parole contenute in questo spazio fantastico, cioè di fantasia dato che non esiste alcunché di tangibile o resistente al tempo di questo blog, è pura memoria virtuale, sono relative a me stesso. Non posso negare una certa soddisfazione nel comprendere che anche altri possano rivedersi od immedesimarsi. Non lo nego, ritengo sia testimonianza di una scelta semantica e lessicale abbastanza valida da trescendere l'individualità. Se qualcuno riesce a immedesimarsi nelle mie parole scritte allora il messaggio è arrivato: è comunicatività.

Per quanto scriva per me stesso non sono così umile da non provare una piccola gioia. Tuttavia le parole se non esplicitamente rimarcato, sono tutte mie, così le idee, così la vita da cui attingo. Forse sono semplicemente una persona fin troppo qualunque.
Sta di fatto che è caso decisamente raro che prenda spunto da vite di terzi senza alcun mio coinvolgimento e solitamente è detto. Quando capita poi è per proporre mie riflessioni.

Insomma, quando leggete qua, se potete lasciatevi cullare o scaraventare dalle parole. Leggete in tutti i possibili livelli di interpretazione che sapete dare. Non scordate però, ve ne prego, che quel che c'è in ogni post è che c'è tanto dentro, tanto, di me.
Siate clementi se v'è arrecata offesa, siate presenti a voi stessi ricordandovi che è della mia esistenza rifiltrata che si parla.



martedì 29 maggio 2012

Via

La "Via", il concetto orientale e precisamente nipponico di DO è qualcosa di difficile da estrinsecare. Nel tempo ci hanno provato in molti ma si dice che alla fine solo i pochissimi che non ci hanno provato più di tanto, concentrandosi esclusivamente nel percorrerla, viverla, siano riusciti a spiegarne qualcosa facendo del loro stesso vissuto esemplificazione del concetto. Per quel che mi riguarda la Via è un qualcosa che mi riguarda dall'adolescenza. Certo, non posso ambire nelle mie ripetute imperfezioni neppure a pensare di starla pèercorrendo nel suo significato più pieno. Sto però vivendo cambiamenti e nuove esperienze. La dedizione poi ad una qualche marizale è cose mia da tempo. Comincio ad affrontare con maggiore saggezza, forse semplice coscienza, il lavoro sul corpo e sulla mente. Finalmente diviene distinguibile ciò che è mirato al rafforzarsi nel corpo e ciò che invece è rivolto al miglioramento della mente. La Via alla fin fine è prevalentemente automiglioramento, forse. La ricerca del perfezionamento di sé in posture e concentrazione, nell'efficacia, genera immancabilmente ripercussioni nel tutto. L'esercizio non mira più prevalentemente ad un atto esteriore, si può perdere un focus estrinseco rivolto ad una qualche performance: ogni gesto è fondato sull'ascolto. Ascolto di sé in ogni minuscolo movimento, cercando di capire dove ogni movimento voglia portare la sua corsa, dove è più sensato che si concluda; tentare di afferrare un impercettibile significato nell'aria, nelle mani che la fendono. Non è così diretto affrontare la difficoltà che cela in sè la concentrazione a percepirsi. Serve un Maestro e poi la sua assenza. Sto capendo solo ora, senza gli occhi di un Maestro a suggerirmi quando è il momento di concentrarsi e perfezionare più che sempre, quanto complessa ed infinita sia la Via. E' tendere l'orecchio, non più guardarsi allo specchio bensì essere specchio di se stessi. In questi giorni la sensazione è nettamente quella: guardare a me stesso ed in me e scavare solchi su solchi per accrescermi, disegnarmi, seminare, avere un qualcosa da definire presto o tardi "un raccolto". Non so se sia la Via questa, so che il cammino intrapreso nei giorni del passato mi sta guidando adesso in questa direzione dove ogni azione è osservabile nelle increspature che genera nella vita al di fuori e nelle increspature che solleva di dentro. Da oggi equilibrio è un significante più vasto. I guerrieri del passato dicevano, seguendo il loro rigido codice morale, che la Via e le regole di chi la seguivano andassero a ripercuotersi su ogni cosa. Da come era scritto sembrava più una regola anche questa. Comincio a credere si tratti piuttosto di un avvenimento non evitabile. Ascoltarsi diviene atto costante del vivere e la ricerca di perfezione in un campo si estende ai campi attigui dapprima e poi agli altri, fino al tutto. E' quando si è soli a camminare nel rumore del ponte che si può fronteggiare il proprio cammino e capire se si ha il coraggio di avanzare. In questi giorni ho molta paura.

martedì 22 maggio 2012

ripetizioni

Credo di averne già parlato, ma stamattina mi è capitato di leggere un pensiero che ha rievocato in me il ragionamento. Il pensiero è:"E' meglio essere feriti dalla verità che consolati da una bugia". Non sono poi così d'accordo. Trovo ovviamente preferibile la verità, sia nel comunicarla che nel riceverla. Ma non sono affatto convinto dei toni assoluti e totali della frase là sopra. La verità è sempre una, ma esistono differenti tipi di "verità" a seconda dei contesti e dei coinvolti. Ne esistono anche di diverse in funzione di come queste vengano comunicate. Così si possono omettere cose o indorare pillole. Certo il tutto di norma è fatto per convenienza ed in tali casi forse è più che mai condivisibile trovare deprecabile la bugia. Tuttavia ci sono situazioni e ne sono piuttosto convinto, in cui la convenienza maggiore non è tanto a favore di chi mente. Sì, perché secondo bisognerebbe tanto tenere da conto di quanto sia pronto il prossimo ad affrontare la verità in questione. Dire la verità è talvolta persino un alleggerimento di coscienza, un sollievo. Così certe verità sanno divenire comoda liberazione, un mettersi a posto l'animo alleggerendosi. Ma a volte dalla parte opposta si trova qualcuno per cui la verità è una ferita lancinante che molto impiegherà per rimarginarsi. Ferite talvolta che potrebbero essere non inflitte. "L'ignoranza talvolta è un bene prezioso...", lo credo anche io. E' un concetto da applicare solo in casi rari, una accortezza da serbare per chi davvero merita un trattamento più lieve, in cui a caricarsi il fardello è meglio sia chi è in torto in partenza. Questo soprattutto quando si è consci delle ferite che verranno inflitte; questo soprattutto quando si capisce che dire la verità, tutta la verità, servirebbe solo a peggiorare deliberatamente una situazione. Insomma quando diviene un atto di crudeltà volontaria. In tali casi forse bisognerebbe chiedersi se un piccolo omissis, un po' di placcatura dorata, potrebbero salvare e di molto la situazione, evitare squarci... In generale credo si potrebbe ragionare così: è sempre preferibile e doveroso dire la verità; quando dirla comporterebbe ferire profondamente ed in maniera del tutto gratuita qualcuno, allora potrebbe essere opportuno non esplicitare a fondo una verità.

venerdì 4 maggio 2012

inezie

Comincio a prendere coscienza di alcuni dati di fatto. Sono abbastanza affascinato da ciò che canta e decanta le piccole ovvietà della vita. Mi piacciono le canzoni che sappiano raccontare le piccole cose. Come questa dei Negrita: "lontani dal mondo". Chi nella sua vita non si è trovato a far nottata tra parole che scivolano via leggere fino alla nullificazione del tempo? Sembra una frazione brevissima ed il solo riferimento è il sopravvento della stanchezza che rende un po' più sconclusionati i discorsi... invece schiarisce il tetto di stelle a tinte più aspre del tramonto sulla testa. La canzone in questione racconta un frangente attraversato da molti, pensieri che tutti abbiamo avuto. Eppure nella sua banalità non riesco a non trovare gradevole tutto questo. Cosa strana visto che dopo il terzo libro di F. Volo letto l'ira ha prevalso conducendomi ad una privata campagna contro il qualunquismo di cui sono pervasi i suoi scritti. Mi chiedo cosa sia a far pendere l'ago della bilancia ora al pro, ora al contro. Magari è il fine. Sì, perché la percezione talvolta è diversa: cantare il quotidiano, le minute peculiarità che a volte la frenesia della vita contemporanea ci rene inosservate, è un atto di dedizione; si inspira calma, si cerca, si filtra... e a saper ben elaborare il tutto ne nasce un'ode piccina. Si può arrivare ad amare anche per un istante quella piccola banalità. Al contrario invece raccontare una cosa qualunque ornandola di orpelli come fosse una verità accessibile a pochi, elevandosi così a ruolo di seminatore di coscienze o sciamano delle verità quotidiane, insomma fare il figo intellettuale spacciando per recettività e sapienza un po' di ovvietà è una cosa diversa. Non c'è amore se non per se stessi. Amo i canti alle piccole cose perché io per primo cerco di scorgerle ed amarle, odio di conseguenza chi canta se stesso per mezzo di esse. Tutto questo, credo, forse.

mercoledì 2 maggio 2012

occcaccchio

Non dovete cercare assonanze e fantasticare di oche falliformi. Blogger ha cambiato aspetto e impostazioni. Per chi non lo usasse, sappiate che adesso le linee dei riquadri sono quasi invisibili: sottilissime linee grigio pallido. Il resto poi... tutto ma proprio tutto bianco, scritte in toni di grigio, un goccio di arancione qua e là ad evidenziare comandi che altri han ritenuto utili. Alla pigrizia e gli impegni s'è aggiunta la complessità. Tre elementi contro cui si combatte male. Certo, meno di così è difficile postare. Non noterete cambiamenti. Sappiate tuttavia che ogni post per i primi tempi costerà quasi il triplo in errori corretti, tasti sbagliati, sudore sangue bestemmie. Così, per dire che: "un pochino d'affetto mettetecelo quando leggete, qua so lacrime di dolore". Saluti sconclusionati ^_^ (ho anche trovato come mettere le etichette!)