martedì 29 maggio 2012

Via

La "Via", il concetto orientale e precisamente nipponico di DO è qualcosa di difficile da estrinsecare. Nel tempo ci hanno provato in molti ma si dice che alla fine solo i pochissimi che non ci hanno provato più di tanto, concentrandosi esclusivamente nel percorrerla, viverla, siano riusciti a spiegarne qualcosa facendo del loro stesso vissuto esemplificazione del concetto. Per quel che mi riguarda la Via è un qualcosa che mi riguarda dall'adolescenza. Certo, non posso ambire nelle mie ripetute imperfezioni neppure a pensare di starla pèercorrendo nel suo significato più pieno. Sto però vivendo cambiamenti e nuove esperienze. La dedizione poi ad una qualche marizale è cose mia da tempo. Comincio ad affrontare con maggiore saggezza, forse semplice coscienza, il lavoro sul corpo e sulla mente. Finalmente diviene distinguibile ciò che è mirato al rafforzarsi nel corpo e ciò che invece è rivolto al miglioramento della mente. La Via alla fin fine è prevalentemente automiglioramento, forse. La ricerca del perfezionamento di sé in posture e concentrazione, nell'efficacia, genera immancabilmente ripercussioni nel tutto. L'esercizio non mira più prevalentemente ad un atto esteriore, si può perdere un focus estrinseco rivolto ad una qualche performance: ogni gesto è fondato sull'ascolto. Ascolto di sé in ogni minuscolo movimento, cercando di capire dove ogni movimento voglia portare la sua corsa, dove è più sensato che si concluda; tentare di afferrare un impercettibile significato nell'aria, nelle mani che la fendono. Non è così diretto affrontare la difficoltà che cela in sè la concentrazione a percepirsi. Serve un Maestro e poi la sua assenza. Sto capendo solo ora, senza gli occhi di un Maestro a suggerirmi quando è il momento di concentrarsi e perfezionare più che sempre, quanto complessa ed infinita sia la Via. E' tendere l'orecchio, non più guardarsi allo specchio bensì essere specchio di se stessi. In questi giorni la sensazione è nettamente quella: guardare a me stesso ed in me e scavare solchi su solchi per accrescermi, disegnarmi, seminare, avere un qualcosa da definire presto o tardi "un raccolto". Non so se sia la Via questa, so che il cammino intrapreso nei giorni del passato mi sta guidando adesso in questa direzione dove ogni azione è osservabile nelle increspature che genera nella vita al di fuori e nelle increspature che solleva di dentro. Da oggi equilibrio è un significante più vasto. I guerrieri del passato dicevano, seguendo il loro rigido codice morale, che la Via e le regole di chi la seguivano andassero a ripercuotersi su ogni cosa. Da come era scritto sembrava più una regola anche questa. Comincio a credere si tratti piuttosto di un avvenimento non evitabile. Ascoltarsi diviene atto costante del vivere e la ricerca di perfezione in un campo si estende ai campi attigui dapprima e poi agli altri, fino al tutto. E' quando si è soli a camminare nel rumore del ponte che si può fronteggiare il proprio cammino e capire se si ha il coraggio di avanzare. In questi giorni ho molta paura.

1 commento:

Anonimo ha detto...

La vertigine non è PAURA di cadere ma VOGLIA di volare