lunedì 20 dicembre 2010

odio i bambini

homo sapiens sapiens allo stadio più originario, animale. Spontanei, innocenti, senza filtri... così come dovremmo essere tutti.
Odio i bambini, non so come rapportarmi loro. Occhi grandi che sembrano vedere nella verità oltre le maschere, pensieri e progetti come ci hanno portato a disimparare.
Stazione di cambio: pensieri in cui resto assorto e compagni di viaggio con cui far comunella. Il bello dei viaggi senza certezze è anche questo, c'è tempo di scambiar chiacchiere con persone che intravedi interessanti, o che scopri tali.
Bar sala d'aspetto, leggo volti come un libro, fantasticando vite che intreccio per loro e lascio poi svanire poco dopo svoltato l'angolo. Una famiglia, una bimba; la madre si distrae appena un attimo e lei scivola oltre verso la porta a vetri. Cosa avrà visto? Chi inseguirà?
Sbatte con le mani al vetro.
Non inseguiva nessuno. Solo, aveva visto le stelle che ornavano per natale la porta.
Semplicemente voleva toccare le stelle.
Odio i bambini, perché semplicemente vogliono ancora e sempre rincorrere le stelle.

Vogliono semplicemente toccare una stella.

domenica 19 dicembre 2010

Purché con calma

Per un impetuoso come me è sempre difficile ammettere che sia la calma a premiare. E' così. Ogni volta che all'ansia e alla furia contrappongo una calma capace di rallentare il prossimo ottengo molti più benefici di altri.
Forse è un retaggio di quelle barriere di metallo che indossavo per contrappormi antiteticamente agli usi di chi mi capitava d'intorno, ma da anni ormai più chi mi circonda è pressante più io cerco di rivolgermi al mio interlocutore con fare accomodante, a discapito magari del tempo.

In stazione sembra la folla per una lapidazione l'assembramento che è nell'ufficio informazioni. Un uomo da solo risponde a tutti.
Freno a mano mentale molto ben tirato ma palesemente al limite nervoso. Ripete a tutti lo stesso problema. Io ho una meta diversa. Aspetto non poco per avere informazioni diverse da quelle che tutti, branco di sordi egocentrici, chiedono: Se per Firenze è bloccato il transito, lo sarà per tutti, comprese le stazioni intermedie, no?
Trattengo sarcsmo e acidità. Aspetto. Persone distratte perdono il loro treno, altre capitano solo per sapere se prima o poi arriveranno a destinazione.
Certamente dal loro punto di vista, in attesa di definire e finire un viaggio dalla notte antecedente, è più che plausibile l'irritazione ma non la trovo la soluzione ideale in una avversità collettiva.
Aspetto ancora.
Aumento gli stimoli solo quando un treno per me potrebbe essere in partenza. La scelta però non è scontata a fronte della mia non necessità primaria di tornare a una casa, una famiglia, un lavoro.
Cerco dispiegarmi. Meglio che posso nel caos. Pacato, gentilmente... penso allo stress in campo medico quando mentre cerchi di dedicarti a un caso grave sei tartassato di domande inutili. Provo a sincronizzarmi sui tempi di chi potrebbe lavorare per aiutarmi. Attendo.
Riesco a farmi assicurare con un sorriso e una telefonata la continuità del viaggio tra le coincidenze.
Corro.
Con la consapevolezza della possibilità, corro.

Ho vagato a lungo in un manto gelato. Ora inizia il viaggio.
Per quanta poesia si voglia cercare in un autunno avanzato sfumato di candore la realtà è la sola cosa davvero potente ed io mi trovo su nient'altro che un grosso vibratore di ferro che trapassa un montblànc.

sabato 18 dicembre 2010

varcando soglie

Soglia di casa, guance che pizzicano e suole che scrocchiano.



Il sole da poco s'affaccia al cielo. E' una luce celeste a rischiarare la neve gelata.
Circospezione è la sola filosofia stamane. Ogni passo ricorda molto scelte della mia vita: dubbi e scivoloni. Giunto sull'asfalto é un attimo prendere rotazione con tutta la valigia e fare un passo che dura tre metri.
Anche camminare verso la stazione sa interessare se gli si presta orecchio. Infatti il crepitio del cammino muta come fiamma ed ogni muscolo è attento a non scivolare ancora. Ogni singolo movimento è apprezzato tantissimo, più intenso. I piedi si rincorrono rinsaldati dall'esperienza.

L'attimo migliore è al centro di Ponte della vittoria.
L'Arno scorre indifferente mentre il sole brilla di arancio e cipria che fende gli alberi e rimbalza sull'ansa del fiume.


Ho trovato il gusto di fermarmi a Respirare quell'istante, dimentico del traffico a ruote slittanti e dei treni fermi. Io, l'acqua, il sole. Già che ero questi, interiormente fuso, ho immaginato di voltarmi e lanciarmi con loro dentro la città, scorrerla e tingerla di riflessi così belli che molti li trascuravano.

Un respiro ancora.

La passeggiata riprende.
Scorro facce in attesa di automezzi inesistenti. Ombra e vicoli: passi nuovamente incerti.
Ogni via ha la sua personale risposta alla neve. Case con riscaldamenti al limite del geotermico già sciolgono le soglie ghiacciate. Altrove sono i balconi ad aver preservato i marciapiedi: passerelle intonse.

Stazione.
delirio e spasso. Ieri dei ragazzi in attesa avevano superato l'attesa del blocco totale facendo un enorme pupazzo di neve. Oggi invece al suo posto erano parcheggiati gli automezzi della protezione civile.
Ancora un respiro ai tetti bianchi prima di fronteggiare il viaggio da calamità naturale.

venerdì 17 dicembre 2010

oltre il maltempo

A Pisa è arrivata la neve. Preannunciata, attesa. Da un cielo terso e gelido, forse non ci si sarebbe aspettato un risveglio candido, invece è stata la neve.

Per una repubblica marinara e i suoi abitanti un soffice cuscino è bastato per originare il caos. C'è stato chi transitava con le catene, chi tamponava o finiva contro muri di un rettilineo. Persino chi ripartendo in scooter ad un semaforo sgasava fino a esibire drammatici testacoda.
Tutto quanto ha sovente risvolti irosi e drammatici sulla popolazione tutta. Il trucco però c'è: basta saper prendere il tutto per il verso giusto.
Il mio "Io" infantile ha sempre gioito con occhi estremamente sgranati dinanzi ai paesaggi innevati. Così ore di fila per pochi ghilometri divengono occasione per guardare meglio rami senza foglie decorarsi sofficemente, steli e foglie flettersi al candido orpello.



- Questo non è che un prospetto di ventiquattro ore d'incanto innevato in cui saltellavo gaio tra gli incubi altrui; presoeguirà nei giorni di quel weekend, anche se sono stati scritti grosso modo in sequenza continua di miraggio in miraggio, stupore dopo stupore -

lunedì 13 dicembre 2010

Di Distanze e sorrisi

E' un mondo strano questo: aliena e rende frenetici, annulla le distanze. Contrapposizione di questo tempo davvero interessante. Si viene sempre più assorbiti, risucchiati. Ci si stacca dal mondo comune perdendo il tempo di dar valore o ascolto a persone circostanti... non si conosce più i propri vicini di casa.
In questo aumento di distanze vicine verso l'infinito verso uno scambio di cortesie infinitesimo, è facile per merito della teconologia lasciarsi scoprire da persone distanti centinaia di chilometri. E' finita l'era delle chiamate da una cabina nel cuore della notte, gestendo baci ed ansiti e discorsi sui sogni futuri in funzione del numero di gettoni nella tasca. Ora ci si può vedere negli occhi e raccontare di spruzzi di mare sugli scogli mentre l'altra persona c'incanta con i refoli di luce che rendono i tetti uno spettacolo cangiante come fiamma.
E' un'epoca che permette di sentire vicino chi non si può accostare. Croce e delizia. Si può resistere a distanza? non ci ho mai creduto troppo. Per dirsi davvero compagni è necessario confrontarsi con la quotidianità di gesti, ire, dolori, insofferenze. Eppure, purché per periodi di tempo determinati, credo con lo stato attuale delle cose ci si possa sentire felici anche senza una carezza prima della buonanotte.

Gli occhi che guardi in un monitor gelido sanno divenire fuoco, a volte basta vedere quel sorriso che racconta entusiasta il mondo che ha vissuto per sentire di averne vissuto un po'. Casa generalmente è un luogo; "un luogo dove stare in pace" o semplicemente un luogo cui tornare, dove sentirsi capiti, una mensola su cui poter posare l'elmo dell'armatura. Messa così "casa" si può pensare anche uno stato d'animo. Sillogisticamente se per sentire quel tipo di riverbero nell'anima è sufficiente una persona, bèh! allora casa può essere anche una persona.

Qualcuno a cui tornare.

Avere qualcuno così è come il vix sul petto che spalmava la mamma: una boccata d'ossigeno e tepore sul petto.

Credo una persona così si debba lottare per non perderla o almeno la si voglia accanto anche se non nella veste desiderata, ma solo come risorsa estrema. E se ci fossero distanze?

Ecco, credo che si possa sentire la propria casa anche a distanza di chilometri e più. Se ci si può affidare di abbassare la guardia solo parlando con qualcuno allora lo si può fare ovunque godendo del sorriso che quegli occhi e parole sanno raccontarti.
Sorridendo assieme, tepore sul petto.

sabato 4 dicembre 2010

dubbi estemporanei

Girello nel web sfruttando un raro momento di pausa. Faccialibro, youtube, siti d'informazione (ormai i tg fanno più gossip di Signorini...) e mi trovo innanzi una canzone di quelle senza tempo: "The sound of silence".

Come resistere ad un ulteriore ascolto?
Già partono le prime note che inizia una carrellata di immagini. Tu_tubo è prodigo di queste cose ed io per primo ho sfruttato più volte, ma per questa canzone mi è sorto un dubbio.
Tutti associano questa canzone ad un'ode al silenzio e di conseguenza ad immagini che dovrebbero correlarsi a luoghi silenziosi, pacifici.
A nemmeno metà canzone è un tripudio di spiagge, boschi, praterie... ma non cose qualunque, no! c'è anche la spiaggia con palmizio e due sdraio in plastica vuote!
Cerco di non pensarci e chiudo gli occhi focalizzandomi sulla canzone. Ecco l'idea per il post: ma ricordavo male io il testo? o nessuno s'è mai un minimo soffermato su quel che c'è oltre a "il suono del silenzio"?
Vi invito a farlo se ancora non l'avete mai fatto



Questo non vuol denigrare certo le belle slideshows che ho visto, ma porre l'attenzione sull'idoneità di certe scelte dettate dalla fama e da associazioni mentali fatte frettolosamente o superficialmente in cui tutti incorriamo.
In questo mondo frenetico che ci porta a sovrastare il silenzio, vorrei esortarci a prendere fiato ogni tanto per godere del mondo che ci stiamo perdendo

mercoledì 1 dicembre 2010

Spiazzato.

Nei giorni scorsi ci hanno lasciato vari personaggi più o meno noti: Irvin Kershner, regista del secondo film di Guerre Stellari "L'impero colpisce ancora", Leslie Nielsen, attore comico americano che aveva recitato "dracula morto e contento", "una pallottola spuntata", e Mario Monicelli.

Se mi ha stranito la scomparsa del protagonista di molti film demenziali americani da me visti in età pre adolescenziale, la scomparsa di Monicelli mi ha fatto proprio male. E' stato un Genio della commedia, custode di un senso del ritmo, del tempo comico, del saper far ridere a lungo, senza stancarsi. Non credo sia un caso se ancora in molti rispondono con un fischio e un "Bum!" al grido "Branca! Branca! Branca! Leon! Leon! Leon!", così come non penso sia accidentale che la Supercazzola abbia contagiato almeno tre generazioni.

Mi ha fatto male che sia venuto meno un decano talmente lucido da aver detto pochi mesi fa "ci vorrebbe la rivoluzione... ma gli italiani non sono un popolo capace di fare una rivoluzione" (sintesi di quanto detto, cercate su youtube se volete sentire cosa essattamente ha detto) con una tale lucidità, con una disamina talmente onesta da far cadere le braccia.
Ecco, se ne è andato un Grande. Un Grande vero, uno degli ultimi.


In tutto questo la sola cosa che mi fa ancora sorridere con serenità è come Monicelli se ne sia voluto andare. Malato di un male incurabile si è suicidato. Manifestando il suo senso di libertà, di non conformismo, di pieno possesso della sua vita. Dopo vari trascorsi sono arrivato a ritenere il suicidio una via di fuga troppo semplice. Ma dopo una vita trascorsa appieno non è una fuga, è un'uscita in grande stile... è buttarlo in quel posto al bieco mietitore e alla naturale fine delle cose.

In un paese dove non è ammesso porre fine a delle sofferenze risparmiando degrado fisico e mentale, lui ha trovato la sua soluzione non concedendo a nessun altro di scegliere al posto suo. E' rimasto libero fino alla fine, come tutti vorrebbero e pochissimi osano.

Applauso senza fine; sipario.

venerdì 15 ottobre 2010

passo dopo passo

E' passato così tanto tempo da che ho usato in questo modo la tastiera che quasi mi sembra di non saper più digitare.
Qualche sera fa ho provato a riprendere penna a inchiostro fluido e oscuro e carta ben avida di grafemi per sentire una volta ancora la sensazione di quando scrivevo melodia sotto la luce di solo una candela in una stanza dai soffitti abbastanza alti e compassati da esser fredda.
Ancora la carta emette calore al tatto. Il palmo appena sfregato bastevole a percepir tepore, come se la notte potesse scaldare e far fluire vita attraverso quell'albero trasformato. Ingloriosa la penna invece, non più scorrevole come un tempo. Forse era la mano...

Rimane assodato un fatto: per scrivere necessito di ispirazione, avvenimenti e tempo in mezzo per rifiltrarli ed infine tempo per dedicarmi a scrivere, o leggere mail, o studiare qualcosa per diletto, o anche solo fantasticare.

Come detto mesi addietro il blog è in pausa coatta. Non che non voglia o che non abbia vissuti da raccontare ma sono ancora in me in attesa di dare risposte o insegnamenti. Nel frattempo vivo. Appena magari, ché il susseguirsi di impegni ed eventi mi strappa anche dalla mente telefonate importanti da fare o auguri...
Rasento l'alienazione. Una mente mononeuronale e distratta come la mia non è d'aiuto, per giunta.





Fin qui però semplicemente niente di nuovo penserà chi sta leggendo. Invece no, banale colpo di scena. Nel "vivo" sono incluse tante cose che pian piano si fan largo nella mia vita. Cose intuibili forse da quel post sul mosaico; non so.
Sembra semplicemente che anche io, alla soglia della fine dei venti, cominci a trovare la determinazione che fino ad ora era sempre mancata. Non credo mi rivelerò mai l'uomo determinato e tenace che mi immaginavo da giovane, quello capace di tener testa a mille impegni simultanei, quello che con un sorriso risolve problemi. Ma sento che almeno sono su un sentiero del genere.


Negli ultimi mesi mi sono sentito inadatto almeno una volta al giorno e molte più volte mi son trovato a chiedermi come avessi potuto sprecare così tanto tempo senza nemmeno percepirlo sfuggir via. Mi piace rispondermi che l'ho investito nell'attesa di questi giorni, del momento in cui non avrei avuto remore ad abbandonare alcune facezie per crescere assumendo le responsabilità che questo comporta. Mi sento spesso inadatto, limitato... e al contempo gratificato. Ogni giorno mi si presenta occasione per fare errori ma anche di porvi rimedio, di affinarmi, di riparare ad altri che furono.
Non mi sono mai sentito soddisfatto di me ed è per me strano trovarmi adesso con un angolo di bocca increspato in su come a pensare che forse davvero quando è troppo che si indugia per farsi una nuotata basta lasciarsi cadere in acqua e abbandonarsi alla corrente per scoprirsi a inanellar bracciate.

Non è che l'inizio di una impervia passeggiata, ma è bello tornare a sentire il mio peso nelle gambe.

A presto con aggiornamenti su questa interessante escursione ;-)

domenica 5 settembre 2010

neanche stringendo i denti

Da un po' di giorni è tutto un sommovimento, uno strepitare, un interesse collettivo mass-mediatico riguardo la pena di morte. Non in generale, ma nello specifico di una donna, Sakineh, e del modo, la lapidazione.

Dopo giorni di pensieri che si intrecciano mi è sorto un dubbio: ha davvero senso una simile protesta, un simile sdegno??? E' davvero ingiusto???

Sia chiaro, le due righe soprastanti hanno l'ambizione di esser volutamente polemiche, eppure ho trovato una logica quasi disarmante. Tristezza.






L'Italia si unisce nello sdegno; Totti fa pervenire fiori sotto allo striscione esposto a Roma; il bravo Benny fa un intervento al giorno a riguardo; i tg tutti schiamazzano in ogni modo. Sbagliato? No.
E' cosa ottima. In teoria però queste proteste, questo sdegno, questa partecipazione d'anime dovrebbero tutte essere disgustate non dalla barbarie della lapidazione, bensì dall'orrido assunto a giudice divino dell'uomo che sentenzia la morte di un cospecifico.
Eppure tanto clamore non esiste in alcun tg quando si parla di pena di morte negli U.S.A. e poco meno di nulla giunge quando si va verso il terzo mondo.
Insomma, questo paese si tinge di lutto e rabbia per un costume di un paese e placido acconsente benevolo al medesimo costume in molti altri luoghi della Terra.
Siamo all'arbitrarietà della pena di morte.

Non solo: questo stesso paese ancora oggi ha truppe in appoggio per "guerre preventive", termine ancora oggi a me incomprensibile e immaginariamente associato al "calcio nei coglioni preventivo antistupro", con cui ipoteticamente una donna potrebbe sostituire risposte gelide, silenzi e due_di_picche generici.

A questo punto mi chiedo: può davvero un paese che non rifiuta le guerre e gli appoggi militari e non si adopra per fermare qualsivoglia sentenza di morte nel mondo arrogarsi il diritto di intraprendere una campagna contro una sentenza come quella di questi giorni??

Sono assillato da questo dubbio. Fin che l'uomo contempla un omicidio come soluzione, come può opporsi ad un altro omicidio, seppur svolto con modi differenti?

L'homo sapiens sapiens gioca con la morte dei suoi simili, ha l'assassinio nel genoma a quanto la storia racconta.

No. Non riesco a tollerare l'incoerenza di tutto questo. Mi fa schifo la maschera di tutti quelli che si dicono schifati. Maschere di sterco, vi preoccupate tanto del "come" senza minimamente guardare le vostre mani insanguinate dal "cosa".

A corollario, per assurdo, benvengano i favorevoli! Almeno costoro si mostrano coerenti con il modus vivendi che il mondo gli ha imposto. La morte è morte, non si può plaudere ad una ed inorridire per un'altra.


Fin che la tua mente contempla l'omicidio, anche le tue mani sono tinte di sangue. Non devi necessariamente vergognartene ma esserne cosciente si perdio.

mercoledì 1 settembre 2010

progetto rinascita

Estemporanea riflessione: forse il vero motivo per cui tutti i pazzoidi piani di pulizia del mondo dall'essere umano sono falliti è che si è sempre partiti dal presupposto assiomatico della necessità di superstiti per il ripopolamento.

sabato 10 luglio 2010

favourite one!

Tra le specializzazioni che più mi interessano per il mio futuro una è certamente l'anestesia. Decisamente non adatta a me e per questo sfida più interessante. Conoscenza mnemonica minuziosa dell'utilizzabile tutto... non è da somaro della classe. Eppure è affascinante riuscire a tutelare un essere vivente da tutte le problematiche proprie o eventuali di un intervento chirurgico, dal dolore alla morte.

... giocare d'anticipo in una partita a scacchi di cui molto si può prevedere ma mai tutto... costruire un mosaico d'acqua...


Se mi chiedessero quale sia lo strumentario che preferisco in campo anestesiologico non avrei dubbi a scegliere.
Premetto che si tratta di una scelta romantica che poco ha a che vedere con la funzionalità e la praticità reale (dove probabilmente sarebbero un Doppler e un capnografo a farla da padroni).

Lo strumento che più mi appassiona è lo stetoscopio endoesofageo. Strumento semplice ed economico costituito da un tubo alla cui apice è posta una membrana, sotto di essa il tubo reca dei forellini che permettono il transito d'aria; alla parte opposta del tubo si trovano le orecchie dell'operatore.
Questo stetoscopio viene infilato in esofago durante l'anestesia fino a fermare la membrana all'altezza della base del cuore, praticamente accanto all'uscita dell'aorta.
Qui, in centro del torace, si è collegati col cuore e i polmoni del paziente in anestesia: il primo motore delle funzioni vitali.
Nei momenti poi in cui l'anestesia diviene più profonda ed il paziente non respira spontaneamente chi gestisce l'anestesia deve ventilare manualmente il suo paziente...

Bene, è in quel momento che con lo stetoscopio endoesofageo si sente il prodotto del soffio delle proprie mani, si segue il battito, si ausculta la ventilazione. In quegli istanti non si tiene semplicemente tra le dita, ov'è il pallone respiratorio, e nelle orecchie una vita ma la si condivide appieno respirando per questa... quasi con essa.
Non è questione di responsabilità, ma di fascino. Di rilevanza esistenziale per il condividere un momento tanto vitale per una creatura come il suo stesso respiro.
Infatti il momento più potente, quello che mi sbalordisce ogni volta è quello in cui compare il primo respiro spontaneo. Intenso come una inspirata forte e bramosa quando si riemerge alla superficie dell'acqua dopo un'apnea protratta; identica energia.

Non so quanto questa mia parentesi professionale possa aver colto nel segno e certo non posso pretendere molta condivisione da professionisti del settore che probabilmente saprebbero percepire il fascino di macchinari per me forse troppo complessi da essere intuiti. Quello che spero è di aver condiviso con voi l'insieme di quei fugaci istanti che rendono la vita percepibile nella sua grandiosità.

giovedì 8 luglio 2010

To Bibi

Da anni, pochi in realtà, cinque o sei, ma tanti ormai che non so contarli né percepirli la sola presenza fissa, costante, profonda nella mia vita è un solo essere vivente soltanto.

Ci siamo raccontati, ci siamo percorsi in ogni singola sinuosità, ci siamo compresi. Senza parole.
Beatrix è la mia gatta. Per molti un gatto è un animale infido e solitario. Per me è un mammifero dotato di grande orgoglio e autonomia, proprio come una persona. Forse è questo il motivo per cui tanti hanno difficoltà a relazionarsi ai felidi: non sanno nemmeno relazionarsi alle persone!!!
Talvolta addirittura è stata molto meglio di tante frequentazioni e conoscenze.

Non ho mai ringraziato Bea per tutti questi giorni assieme. Voglio farlo stasera in cui la sola a cui confiderei certe lacrime sarebbe lei.



Da tempo avevo questa canzone in mente. L'avevo già postata parlando dell'amore. Credo qualcosa voglia pur dire e credo anche sia possibile sia proprio una forma d'amore.

Bea è stata al mio fianco sempre in questi ultimi anni: malumori, giochi, fallimenti, sogni, orgasmi, pianti, litigate... Sempre. Prendendo sgridate anche quando il danno prodotto era solo per distrarmi da quel "chiodo fisso" che mi rodeva il fegato. Ascoltando confidenze comprese tramite pelle e strofinamenti e non a parole.

Ho imparato tantissimo dalla mia vita con un gatto. Se oggi riesco ancora a trovare la voglia di guardare al mondo con curiosità è perché anche quando me ne stancavo c'era Bea a mostrarmi il calore del sole, l'aspetto ludico di una zanzara, a scaldarmi le spalle col freddo a darmi affetto e complicità quando mi sentivo in volo libero in un baratro.

Bea ha condiviso con me la sua vita e la sta condividendo ancora. Averla a fianco la sera quando varco la soglia di casa è una consapevolezza che mi fa tornare a sorridere anche quando non me la sentirei ed anche se è soltanto un gatto è la femmina più meravigliosa che mi abbia mai atteso e coccolato, perché mi ha donato quanto di più prezioso al mondo: la sua esistenza, scegliendo di dividerla con me.

Grazie Bea.

giovedì 24 giugno 2010

bis?

non so se ho ancora usato queste note e queste parole, spero di no.



Questa canzone è di Colin Hay. Dal primo ascolto ne ho adorato il testo.

E' un inno alle piccole sfumature di ogni giorno.

Talvolta mi fermo a pensare, incredibile lo so, e mi rendo conto che non sempre riesco ad apprezzare tutto quello che mi scorre sotto i piedi e davanti agli occhi. Il mondo ci porta spesse volte a trascurarne gli attimi, frammenti di vissuto che meriterebbero più attenzione. Bene, certe volte le sue parole irrompono nella mia mente come acqua che trabocca da un recipiente e mi ricordo; mi ricordo di dover assaporare almeno per un istante la mia vita, la mia fortuna, i miei istanti. Anche brutti, perché no. Persino le avversità sono vita così come le lacrime o le malinconie sono parte dell'essere di ciascun individuo.
Un colore, uno sguardo, un refolo di vento, un sorriso, un frullo d'ali da un balcone o addirittura la sensazione sulle mani della corteccia di un albero... sedersi a terra anziché su una sedia.
Una semplice parte di una nostra cellula come il ribosoma è in grado di espletare funzioni quaternarie vitali in molto meno tempo in cui un moderno processore per computer svolge funzioni binarie... siamo in grado di conservare ricordi per anche cento anni di vita nello spazio di una scatola cranica... possiamo salvare una vita.
Il mondo è talmente vasto di potenzialità e meraviglie che fin troppe volte ci scordiamo di goderne.

Ecco, questa canzone è il mio promemoria e il mondo credo sia una cosa bellissima a saperlo guardare (mentre la vita rimane una beffa e l'homo sapiens sapiens un animale indegno, ma questa è un'altra storia).

mercoledì 23 giugno 2010

ancora senza nome

Tanto tempo è trascorso dall'ultimo post e tante lacrime piovute hanno solcato i paesaggi.

Non ho avuto tempo di immortalare le varie emozioni che mi hanno attraversato in tutti i giorni vissuti. Il pensiero giusto al momento sbagliato. Sempre.
Oggi ho un frammento di giorno che rubo ai doveri per concedermi un po' di respiro per l'anima.

(tutti i diritti a Einaudi per le bellissime note e ai proprietari delle foto e a chi ha montato la presentazione)


E' iniziata l'estate ed è una stagione strana, per ora, quella di quest'anno. Venti, brezze, piogge torrenziali... sembra tutto fuorché le torridi estati degli anni scorsi, quando solo aprire il portone di casa dopo le dieci del mattino significava sentirsi entrare panno intriso di brodo caldo in gola. Afa e soltanto afa. Nell'era del preconfezionato, del già pronto, sembrava che anche l'aria fosse così, già sudata per te.

Ora invece si esce di casa in maglia a maniche corte per partito preso, come a non volerla dare vinta al tempo e si corre presto in dietro a ricordarsi una giacca o una felpa. Alla fine vince comunque il meteo.

Beh, io per certi trovo tutto questo fantastico. Probabilmente perché sono personalità fortemente autunnale ed il fresco umido me lo ricorda tanto, ma non solo. La pioggia estiva reca doni sorprendenti.

Il vento trascina profumi di salsedine nella notte ed il mattino odora di grano bagnato. Aprire le finestre è un piacere quando l'aria è frizzante e rinvigorente. Le mattine scivolano spesso assolate con luci intense e rigogliose di vita: le foglie hanno colori più brillanti e vividi ed il cielo terso si lascia disegnare da nuvole veloci.
Il pomeriggio sopraggiungono nubi cupe e bufere e per chi non è ad abbronzarsi questo non ha necessariamente un sapore di disfatta. La pioggia rintocca sul tetto e le fronde in una sinfonia di ticchettii mai uguali. E' voglia di tepore quella che freme sottopelle, voglia di compagnia e di parole. Nell'incedere delle gocce il mondo un poco rallenta e si trova il tempo per tirare un sospiro.

In fine al volgere del sole a tramonto il crepuscolo regala il meglio di queste giornate. Mentre le onde s'increspano in un andirivieni flessuoso la pioggia fa crepitare la superficie del mare come brace ed il cielo del colore delle nubi si prede nelle tinte dell'orizzonte. Il sole irrompe con lame di luce infuocata il paesaggio abbozzato a grafite. Nel riflettere l'aria il mare racconta le sue imperscrutabili profondità e lascia ai passanti l'opportunità di perdersi col pensiero in quei meandri. Là dove inizia e finisce lo specchio d'acqua inizia il pensiero... e prima di qualsiasi dolce naufragio la sola certezza e che si potrà fare uno splendido viaggio.

sabato 22 maggio 2010

ancora là

Facebook talvolta permette di farsi gli affari altrui anche troppo. Così non è difficile leggere di amori finiti ed cuori infranti.
Quando leggo frasi del tipo "mi hai spezzato il cuore" una parte di me sorride con vigore. Non è malizia e certo non gioisco del dolore altrui. Semplicemente sono comunque contento per chi ha provato cosa sia l'amore.
Stasera ho rivisto uno spezzone di un film di cui ho parlato anni fa, ovvero "The eternal sunshine of the spotless mind". Film bellissimo che ancora solo coi ricordi mi strozza la gola e mi rende lucidi gli occhi.
Non è cambiata la mia opinione da allora in questo: chi può amare, chi ha amato, è una creatura privilegiata. Nel male di una fine dolorosa come quella di un amore sarebbe bene soffermarsi anche un solo istante a pensare se si vorrebbe davvero non aver mai conosciuto, vissuto, amato quella persona.
Quello che inizialmente strazia di un amore, il ricordo, è contemporaneamente quello che causerà un sorriso un domani. Per quanto amaro possa essere un ricordo o, di conseguenza, un sorriso, sento che non potrei mai rinunciare a certi ricordi.

Coraggio a chiunque attraversi quel periodo e passi di qua, poiché siete Vivi.

giovedì 20 maggio 2010

stupore

vorrei saper comporre una canzone che ti faccia nuotare nell'aria mentre ti racconto lo stupore attraverso gli occhi di un bambino...



Immagine incredibile quella di aprire la porta a un Sanbernardo di ottanta chilogrammi e vedere oltre quella porta un bimbo in carrozzina sgranare gli occhi e spalancare la bocca in un racconto puramente mimico di "ma quanto è graaaaAAAAAAaaaande questo cane!?!", "Ma quando finisce questo cane??" "Ma cosa è questo essere enorme e peloso?!?"

Il bambino non ha detto nulla. Ma il suo viso ha detto tutto. Con perplessità, timore, gioia ha raccontato come l'homo sapiens sapiens affronta istintivamente la vita, prima che la vita stessa ne condizioni gli approcci. E' stato emozionante. Divertente anche; molto.

Nota alla fortuna, il cane (quasi un orso) non ha emesso neppure un sibilo passando accanto all'infante in carrozzina.


Se ogni giorno ci ricordassimo di vivere un po' più così briosamente le stranezze del mondo saremmo molto più ricchi di scoperte ed entusiasmi...
Almeno mi piace crederlo.

giovedì 13 maggio 2010

Intollerabile

L'altra sera, l'undici Maggio per essere precisi, in tv su rete4 hanno trasmesso un programma di forse approfondimento. Credo fosse "vite straordinarie" e il tema era sulla famiglia Savoia.

Ho evitato accuratamente di incapparvi ma lo zapping non mi ha risparmiato un momento di sbigottimento.

Dimentico di quanto letto sulla guida tv sono rimasto attratto da "La vita è bella" di Benigni, stupefatto di non aver notato che venisse trasmesso. Ora, il passo era quello in cui padre (Benigni) e figlio girano per le vie del paese chiacchierando. E' una scena abbastanza famosa per chiunque abbia visto il film, è quella in cui si cerca di dare una spiegazione scherzosa dell'odio razziale per gli ebrei a un bambino. Qualcosa che ruotava intorno a "ognuno si sveglia e scrive fuori dal negozio chi non vuole servire... domani anche noi mettiamo un cartello con su scritto chi non può entrare...". Scena piuttosto complicata per un padre che tenta di spiegare razzismo e genocidio a un bambino piccolo; scena complicata anche per uno spettatore che si personifica nel ruolo.

Questa per intenderci


Ora, Io seguivo questa scena assorto e intenzionato a proseguire la visione e di colpo il film viene troncato e PAFF! ecco che mi compaiono davanti il faccione, a turno, di EmanueleFiliberto e di suo padre. Perché mai vi chiederete anche voi, ebbene è presto detto: rispondevano all'intervistatore spiegando della non accettazione, dell'allontanamento, dell'incomprensione, dell'odio immotivato e quasi razzista...

Senza voler affrontare la questione monarchica o circa l'esilio intendo fermarmi solo sul fatto giornalistico percepito: Ma con quale fecale faccia di bronzo e superficialità si può accostare le leggi razziali che hanno aperto la strada al genocidio di quegli anni alla cacciata della famiglia monarchica in seguito alla loro fuga????

Odio e sterminio non mi sembrano accomunabili all'esilio per l'abbandono del proprio popolo. Bisogna essere veramente servili e subdoli per cercare di commuovere e circuire gli spettatori in questo modo.
Non riesco a schifarmi tanto è lo sbigottimento.


Corollario: devono ritenere il popolo televisivo veramente ottuso per avere mandato in onda una cosa simile.
BLEAH!

mercoledì 12 maggio 2010

meteoRE

Come certi discorsi che dovrebbero lasciare il tempo che trovano, specie se sul tempo.
Ma no, non è su questo che mi volevo focalizzare. Volevo parlare del sovrano di venti e piogge e caldi che in questi mesi ha spadroneggiato sulle giornate di tutti: Il meteo.

Chiunque si incontri in questi giorni non fa che accanirsi sull'alternanza di pioggia e sole, sull'imprevedibilità, sul fresco.
Domineddio gente, ve lo chiedo col cuore, PIANTATELA!!!!

E' primavera. Nella mia memoria di bambino, quando ancora c'erano le mezze stagioni, i mesi di marzo aprile e maggio erano un susseguirsi di bello e cattivo tempo, col freddo che timidamente mutava a tepore, quasi titubante.
Negli ultimi anni abbiamo assistito a improvvisi sbalzi termici devastanti. Giorni di Maggio in cui si poteva cuocere su asfalti e cofani d'auto intere costate di maiale. Questo dopo finali marzolini innevati e gelidi.
Condimento a tutto questo lo sbraitare dell'intera penisola riguardo al mitico e ormai mitologico "non ci sono più le mezze stagioni".

Bene, signori tutti sapete una cosa? è tornata la mezza stagione e per quanto mi riguarda va benissimo così, ché se non posso andare al mare non ha senso schianti di caldo osservando giornate meravigliose da un finestra.
Sopra tutto, per quanto mi riguarda, tutti voi che dopo anni a protestare del caldo ora protestate del fresco mi avete strafracassato le palle.

Cordialmente (andate un pochino a fare in c**o).

domenica 25 aprile 2010

estemporanea

Bisogna smetta di gingillarmi, perché il lavoro che farò mi piace sempre di più.

sabato 24 aprile 2010

flow

normalmente il mondo, la penisola in cui vivo almeno, è un posto abbastanza strano. Puoi incontrare ogni genere di persone e sorridere. Sì perché un sorriso è qualcosa di sufficientemente ancestrale per non essere negato a nessuno tanto fa bene.

Poi si trovano le eccezioni, come quello che ad una biglietteria automatica di Roma mi apre lo sportellino e mi ordina di prendere il mio biglietto che ancora sta uscendo. Insidiosa violazione della nicchia biologica che vorrebbe potessi concedermi il mio sacrosanto momento di "mi chino, guardo, prendo il cacchio di biglietto coi MIEI tempi".
O come il vecchino che a Foligno cerca di dirottare sul treno da cui eravamo appena scesi sostenendo che "No, il capotreno ha detto che non è questo il treno per Perugia ma che quello da cui siete scesi prosegue"; peccato poi il frammento di sterco andasse a montare su quello che stavamo prendendo io e il resto del gruppetto...

Ecco, cara questa fetta di mondo incapace di sorridere e che vive di proprio alle spalle degli altri, io ti odio.

Per tutti gli altri, c'è sempre un sorriso.

venerdì 23 aprile 2010

breve ritorno alle origini

In questo periodo viaggio un po' come una trottola.
La testa è molto disorientata. Male.
Però nel disorientamento la mente recepisce e ritrova un gusto che nell'ultima decade si era un perso: il piacere del viaggio.

Non della meta, dell'iter vero e proprio. Attendere un treno, un taxi... salire un po' trafelati e tirare un sospiro enorme levandosi la giacca o il maglione mentre ci si siede.
Da lì è un alternarsi di musica nelle orecchie, ritmici saltelli sui binari e panorami bellissimi.
Un finestrino in viaggio è un portale su infinite frontiere, vere o fantasiose.
Si vedono campi, foreste, palazzi, castelli, astronavi, nuvole, sogni. Basta star seduti a godersi la mutevolezza che ci corre davanti.

Così come gli arrivi. Persone d'ogni tipo su cui immaginare storie, trascorsi e mete. A volte tuffarsi nella variegata vastità del mondo è un vero toccasana.


Buon viaggio a chiunque abbia occasione di farsi trasportare nel mondo!

mercoledì 21 aprile 2010

tears

Tetti ripidi color rosso intenso. Mura svettanti dalle tinte crema. Nemmeno un'ora prima dal finestrino di quel treno si vedeva l'eco delle onde increspate di luce. La sera scende sul mare mentre il treno scorre tra spighe e alberi da poco fioriti.
L'Urbe (auguri!!!) si riconosce dalla vista del G.R.A. sotto le rotaie, quindi caseggiati; il Tevere, i graffiti, le "scuderie" per i cavalli tiratori delle botticelle... qualche galleria che pare interminabile e poi lo stupore del Cupolone.

Tornare a Roma in treno riempie sempre gli occhi di novità e sensazioni, ed è facile la mente si perda a rincorrere pensieri.

Capitano però situazioni inaspettate, immagini che scuotono quel tanto che basta perché non se ne vadano.



Le stazioni sono storicamente un luogo di romanticismo e drammaticità da cinematografo. Memorabili addii e frasi ormai storiche.
Perché allora ho ancora negli occhi l'immagine di quella ragazza sulla banchina accanto con gli zigomi protesi in basso come gli angoli della bocca e gli occhi gonfi di lacrime?
Il pianto di una donna è qualcosa che si ripercuote in me con potente stridore. Quell'espressione tenera e disperata che ondeggiava in un andirivieni incerto lungo il binario davanti allo sfondo di Roma al tramonto strideva terribilmente: "SKREEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!"
Più che la curiosità del perché, la tentazione era di placare quell'espressione dolorosa. Non avrei certo preteso di consolare quegli occhi o risolverne il problema, ma strappare un sorriso, quello sì. Le lacrime sotto al tramonto di una sera di primavera sono un'antitesi eccessiva per risultare piacevole.



Avrei voluto abbassare il finestrino, o bussare per attirare l'attenzione. Mi sono accorto di non essere un improvvisatore mimico bravo quanto avrei voluto essere. Come far esplodere un sorriso fresco come la finestra che si spalanca al mattino e sereno come un sospiro profondo senza poter parlare e con solo pochi secondi a disposizione?

Non ho trovato risposta. Ho continuato a lasciare che quelle smorfie di cuore che s'infrange trafiggessero i miei pensieri.
Mentre il treno iniziava ad arrancare verso una nuova sosta nella mia mente si affacciava un'immagine nitida. Ho compreso la grande genialità di vecchi film dove la delicatezza e la comicità trovavano una perfetta, silenziosa intesa.

Non so se avrebbe capito, non so se gli auricolari dello stereo avrebbero avuto lo stesso impatto di due panini inforchettati. So che nella mia mente ho ringraziato Charles Chaplin ed ho rimpianto di non aver pensato subito a quel passo de "La febbre dell'oro".

Ovunque ella sia, le auguro finalmente quel sorriso che avrei voluto regalarle per godere del sole ed il cielo.



La grande genialità sta nel saper raccontare un'emozione senza bisogno di parole. Come una musica, come una danza, come il mondo...

domenica 28 marzo 2010

intellegibilità

Buonanotte schermo.
Talvolta la cosa più difficile da fare è rendersi comprensibili. Ci si può affannare in ogni cosa per farla al meglio, ci si può altrettanto impegnare con le persone. Ma se non ci si rende comprensibili è tutto inutile.

Quanto sarebbe più facile nelle cose importanti poter far leggere direttamente le intenzioni? Oltre le parole, oltre i fraintendimenti, si saprebbe già se fidarsi o meno, se le cose dette volevano ferire davvero o solo sdrammatizzare.

Un tempo mi coprivo di borchie. Era così semplice che chi davvero contava per te capisse: aveva già varcato le prime corazze. Ma il tempo passa, il metallo va nei cassetti e non ti resta che te stesso cui affidarti. Scoprirti ben diverso dal metallo di quelle punte a far danni quando vorresti solo stringere forte a te qualcuno è poco gratificante.
Nemmeno si può confortarsi accusando il circostante. Le scelte proprie è bene che ricadano per le loro colpe solo su chi le ha prese e se non si sa più concedersi agli altri è bene correre ai ripari sperando solo di trovare, quando avrai imparato a comunicare di nuovo, le stesse persone ancora disposte ad ascoltare.



sabato 20 marzo 2010

poetiche

Mi rendo conto di non aver mai digitato qualcosa che somigliasse a una poesia senza che prima non fosse rifluita dai miei pensieri su fogli di carta. Ho già scritto di come l'inchiostro o la grafite siano un veicolo a mio giudizio superbo per le sensazioni.
Tuttavia non mi ero ancora accorto di quanto sia radicata in me questa cosa, così come la fonte sonora per quei momenti deve essere uno stereo. Il pc, anche solo il riflesso del monitor, emette un non so che di freddo che lascia le grida rintanate al calduccio dell'anima.

Senza un perché, non ho che da prendere atto; eppure non posso fare a meno di credere che anche il "modus scrivendi" rientri nel linguaggio compositivo ed espressivo, come ci fosse una componente visuale nel componimento: carta possibilmente riciclata o almeno giallina e inchiostro nero, linee direttrici opzionali. Fa parte del messaggio.

Talvolta la poetica si spinge dove nemmeno il suo creatore immagina: assurdo!

giovedì 18 marzo 2010

rivelazioni

Certe cose talvolta le comprendi in maniera del tutto fortuita, parlando magari di tutt'altro.

Stanotte ho compreso perché per me è così importante suonare: spesse volte è la sola voce che ho per piangere.

mercoledì 17 marzo 2010

sotto effetto stono

era il titolo di un album rap.

Neanche azzardo il nome del gruppo, tanto in questo contesto non ha importanza.
lascio fluire lettere a braccio

punteggiatura senza senso: stanotte va così e non deve essere altrimenti.

Qua le cose si stanno ammassando, mentre io mi arrovello in pensieri e scelte e paranoie e dubbi. Continuo a non sapere tirar fuori gli attributi... nota dolente di un periodo ciomunque di ripresa.



Attraverso un punto abbastanza focale, forse epocale. La sola sensazione chiara è che qualsiasi sia la mia scelta lascerò in dietro cose importanti e tante altre da rimpiangere. Una miriade di "e se?" sta per frapporsi fra il me stesso di oggi e quello di dopodomani. E' tempo di crescere, di afferrare il futuro (o destino se più vi aggrada) e diventare uomo nei fatti e non più solo nei documenti ed i saluti delle adolescenti alla fermata.
Sono due settimane che vaglio i pro e i contro e non riesco a sbrogliare la matassa comunque. Per chi ha vissuto di incompiute trovare una risposta chiara è un dramma quando il soggetto è se stessi.

Così io vago in pensieri che si rincorrono e non trovo risposta. Perché la risposta non è tanto il come, ma il risultato da ottenere e quello in effetti non dipenderà mai dai contesti (maledetta che ha sempre ragione).

Mi chiedo quanti errori ancora servano per smetterla di lasciarmi doppiare dal mondo.

Lascio qui, con interrogativi insoluti e presunti anacoluti incorretti: sfogo puro e semplice di tutta la rabbia e lo schifo che la mia inconcludenza pluriennale suscitano. "A braccio" senza una guida su cui scivolare. puramente sincero.

Buon sanPatrizio a tutti i cuori verdi del mondo

sabato 13 marzo 2010

sempre Liguria o giù di lì

Assieme al Sanremo di quest'anno non si può non citare Morgan (Marco Castoldi) ex leading voice e bassista dei bluvertigo, oggi istrione di X-factor.

Ho seguito sommariamente l'esclusione così come l'accusa di "plagio" per il brano terzo classificato e cantato dal suo pupillo nel reality RAI.

L'esclusione:
mossa sconveniente ammettere gli usi e gli abusi, anche se con finalità non da sballo.
Eppure una parte di me ha apprezzato l'artista. Morgan, per come lo ricordo io dagli esordi coi bluvertigo ha sempre avuto l'anima vera del dandy, anzi di più, da vero decadente.
Forse è uno dei pochissimi musicisti contemporanei in Italia ad avere quell'aura autodistruttiva e votata all'eccesso delle migliori rock star americane. Depresso, sfrenato, intellettuale, ispirato, sconveniente, istrione, stolto, acuto, innocente... tutto e il contrario di tutto.
Ho sempre trovato Morgan un artista affascinante proprio per questi suoi tratti eccentrici. L'ammissione quindi di usare certe sostanze non mi ha stupito, nè spostato. A differenza di chi pensa che il pubblico non pensi, ho pensato fosse una cosa normale o quantomeno comprensibile per un artista simile. Vuoi avere genio e sregolatezza? Vuoi essere maniacale? Vuoi essere depresso e d'improvviso euforico? vuoi galoppare su note colorate? vuoi essere autodistruttivo? Beh, non hai che da diventare un artista e distruggerti con le droghe!

... questo era l'insegnamento di fine ottocento, questo era l'uso nei mitici '70.
Personalmente credo che avere coscienza e conoscenza di effetti psicotropi e avvenimenti del passato sia distinto da uso o abuso. Come dire, una persona assennata può comprendere senza emulare.
Concetto troppo elevato per far sì che chi pensa per le masse possa immaginare che un telespettatore possa essere qualcosa di diverso da un secchio ingurgita tv spazzatura.


Premesso quindi il mio non stupore per le dichiarazioni di Morgan passiamo alla strategia. Pessima, credo, nella visione a breve termine. Potenzialmente dannosa a medio lungo termine (chi sa se sarà ripreso a X-factor??), ma geniale e fruttuosa a medio termine e, se il pubblico perdonerà, a lunghissimo termine.
Qui si incastrerà anche l'accusa di "plagio".

Per come la vedo io, Morgana aveva già nel primo album dei bluvertigo spiegato benissimo come funzioni lo star sistem: è marketing!Saper fomentare, impietosire, smuovere, commuovere, sparire secondo il momento è un'arte: l'arte di sapersi vendere. Mutare maschera o espressione sempre tenendosi l'occhio di bue ben focalizzato sopra.
Sanremo è passeggero, discussioni, accuse, confessioni e comparsate possono durare anni, specie se si mescolano tv di massa e musica.
E' alchimia d'esposizione mediatica a impatto monetario (tutti i diritti su questa dicitura sono riservati e MIEI ^__^) che tradotto significa "Il dio denaro sono IO".





A fronte di quanto esposto fino a ora e dopo aver ascoltato questa canzone penso sarà facile anche per chi ha letto fin qua capire dove io voglia andare a parare.
Morgan brilla e si spegne in questo periodo. Sembra quasi vendersi. Ma l'ottica è ribaltata: lascia comprarsi.
Squallido potrete pensare all'inizio, ma per come la vedo io non è così.

Il mondo è diviso in molte differenti tipologie, eccone alcune sommarie:
- chi sa, divisi tra chi ignora e se ne approfitta e chi lotta, spesso in vano;
- chi non capisce, innocente ignorante che prosegue lasciandosi abbindolare;
- chi ha capito, dove si distinguono persone che sono rassegnate e non lottano, rassegnate e che cercano si non fare però altri danni (resistenza passiva?), combattenti (però a rischio di abbindolamento da chi sa e sfrutta) e infine quelli come Morgan, che hanno perfettamente capito come funziona e si adattano allo spettacolo.

Morgan offre quello che lo spettatore vuole: eccesso e pentimento... "orge e droga sul comò" e poi in chiese la domenica a recitare l'atto di dolore.


"E il plagio dove lo lasci?" chiederete. Beh, va da sé che in quest'ottica la diatriba con Mengoni non è che un altro tassello al calderone mediatico del pacchetto Morgan. Anzi, è gentile perché parla anche del suo pupillo alimentandone l'impatto mediatico così che abbia in tasca la debita consolazione per la sconfitta sanremese.
In fine, devo ammettere che il pezzo di canzone che Morgan reclama sembra proprio pedissequo. Non vedo perché non abbia diritto anche l'autore di quel frame ad essere incluso nella lista di autori. E' semplicemente un diritto d'autore e vista tutta la SIAE che fanno pagare a noi miseri mortali, che anche i produttori paghino a chi di dovere!


E questo è quanto!

venerdì 12 marzo 2010

senza stelle

Che certe notti, a camminare da solo lungo l'asfalto con la pioggerellina che rintocca sul cappuccio non ti viene altra voglia che levarti l'involucro dalla testa e lasciare che viso e capelli si facciano lavar via dalle gocce le lacrime che hai dentro; e gridare...

giovedì 11 marzo 2010

di cose davvero poco importanti

Da praticamente sempre odio il festival di Sanremo con tutto me stesso. E' stato il primo pensiero autonomo e razionale che abbia sviluppato, credo. Già in prima elementare (eoni fa per intenderci) lo trovavo superfluo, inutile, rivoltante, privo di acume e qualsivoglia altra forma di denigrazione intellettuale possa venirvi in mente dopo aver escluso aprioristicamente che, vista la popolazione prevalentemente di bambine e maestre che lo guardava tutta la settimana, fosse e sia "roba da femmine".

Ecco, a me sanremo m'ha sempre fatto cacare.

Ho lottato per non assistervi mai e vado fiero di aver tenuto duro per oltre vent'anni. Unica eccezione feci volontariamente per sentire la canzone di Daniele Silvestri nel, mi pare, '95: l'uomo col megafono.
Vidi anche la finale per riascoltarla. Vedevo cortei di persone che inseguivano un ideale, che si scagliavano contro oppressioni e leggi sbagliate... faceva fantasticare il mio bambino rivoluzionario interiore!
Poi di nuovo anni di orgoglioso buio.
Fino a Max Gazzé col suo "timido ubriaco".
Ancora vuoto fino a quest'anno, quando due amiche terribili mi hanno convinto (o obbligato??) senza tanti sotterfugi a seguire la finale.

Ecco, mi ha rivoltato.

Una canzone tanto bieca e compassionevole come quella del principino era peggio che fuori luogo, era brutta. Laddove "brutto" è l'antitesi di "bello" e se il bello artistico assurge a perfezione il brutto lascio a voi intuire a cosa assurga.

C'è di peggio. La canzone forse più interessante, quella di Cristicchi, ha perso due volte:
Ha perso perché nessuno ha capito o forse tutti hanno capito che in Italia per dire cose intelligenti in musica non puoi che ricorrere a ritornelli orecchiabili e giri di parole che non accusino apertamente. Gli ascoltatori non hanno risposto alla sua chiamata e la canzone non ha vinto;
Ha poi perso perché le sole canzoni in finale erano cantate da personaggi televisivi. Persone propinate al posto di notizie vere, di informazione, di intelligenza. Insomma, ha vinto il pubblico di CarlaBruni (e dei savoiardi).



Senza pensare poi troppo che a vincere non sia stato Marco, che perlomeno ha dato un'ottima interpretazione alla fine, né che abbia vinto l'amante (sessuale... perché ragazzi qui c'è della zoofilia e qualcuno avrebbe bisogno di un terapista bravo davvero) di trote e salmoni... cerco di pensare a ben altro.

Mi riascolto un'altra volta una bellissima sconfitta sanremese lasciando l'Italia a farsi imbambolare da studioaperto e a farsi dire che "va tutto bene" intanto che la dittatura si fa abbozzare da onorevoli delinquenti.

giovedì 4 marzo 2010

migrazioni

Tra riunioni musicali, racconti, parole e confidenze gli sleeplesslullaby hanno prodotto una discreta quantità di cose. Non solo musica, anche progetti in sospeso o pensieri.

Tra i tanti c'era quello dei diritti e degli spazi. Tra tante parole dette per dire alla fin fine è avvenuto invece parecchio. Insomma ora lo spazio web dei due insonni è tutto loro. Nostro, per meglio dire. Così, per riempirlo, ma anche per passare a una modalità di pubblicazione un po' più seria ed anche per far tornare questa ninnananna in compagnia di chi in fondo ha partecipato tanto all'inizio di certe vicissitudini... ooooh insomma! basta girarci attorno!

Non so bene quando ancora, ma in questo mese il blog si sposterà su un altro spazio web. Resterà la forma, resterà indipendente. Rimarrà la melodia delle mie urla interiori, rimarranno parole in chiaro su sfondi cupi come occhi nella penombra.

Ma sarà parte di un insieme, con suoni e colori e pensieri di due anime che condividono un pentagramma emotivo. A ognuno il suo spazio nello spazio di entrambi e spazio a entrambi nelle lande di ognuno.

Farraginoso, eh?!? ma è solo per confondere le idee.

Dovrete solo digitare un nuovo indirizzo o cliccare da qui per lì o viceversa insomma.

sabato 20 febbraio 2010

vagabondo

Sempre sulla scia nostalgica, sempre sulle riflessioni innescate dagli Smashing Pumpkins, continuo.

Ripenso al passato, alle cose come erano, a come vivevo.
Credo la voglia di crescere e di infrangere gli schemi sia la stessa che attraversano tutti a quell'età. Cambia il modo di viverla, l'obiettivo primario.
Per me sono stati l'indipendenza e l'individualità. Ovvero volevo dimostrarmi in grado di affrontare le cose da solo e a modo mio: ottenere il riconoscimento di me come individuo.



...notti spese a bere quel tanto per sciogliere la lingua e inseguire l'alba sognando a tutto volume.




Se mi confronto con gli adolescenti di anni successivi trovo dei cambiamenti, la mia impressione è che l'obiettivo dominante prevalente sia stato il trasgredire. Dalla passione al buon senso sembra che tutto debba essere affrontato nei tempi più brevi possibili.

Nell'era ipercinetica del web e del cellulare sembra virale l'impazienza.

E' l'era del subito.
In effetti quando ancora ci si dava appuntamento al campetto, vicolo, strada l'appuntamento era sommario, l'ora era scandita da un programma televisivo comune e chi tardava era contattato via corsa e citofonata.
Oggi puoi sincronizzare l'uscita di casa con un trillo...


L'americanizzazione di questa penisola ha portato anche il consumismo. Siamo consumatori ben formati da anni di proposte di vendita. Siamo stati istruiti all'inseguimento della novità, della marca e siamo stati avallati dai contratti capestro di multirateizzazione.
Tutto può essere acquistato a rate anche alcuni ideali (politicamente parlando almeno).

Insomma è anche l'era del tutto.
Chi faceva acquisti presentandosi con denaro contante era pontificato, venerato e riceveva sconti notevoli. Adesso se riesci a presentarti a fare un acquisto in contanti ti immagini arrivato, alla stregua degli adulti più "in" riflessi nei tuoi occhi di bambino... e ti scontri con l'amara realtà di prezzi pieni e sguardi biechi: non possono guadagnarci l'interesse. La venerazione ha lasciato il posto all'odio dello strozzino che non può farti credito.

E' l'era del tutto e subito. Guardo spaesato il mondo che mi circonda: tanti passano il fine settimana a bere fino all'incoscienza a inseguire il nuovo massimo dello sballo perché hanno già provato tutto quel che c'era.
Incarnazioni ineccepibili del carpe diem, sfiniscono le risorse con la velocità con cui diviene obsoleto un microprocessore.


Non mi sento di dire cosa sia meglio. L'invidia poi per la sessualità precoce di massa mi impedisce di guardare con senso di superiorità il nuovo che avanza.

Ma una considerazione mi sento in diritto di farla: se a vent'anni si deve avere già la disillusione e gli occhi spenti di chi non ha più niente da sperimentare o sognare, allora posso non aver rimpianti per me stesso.
Vivendo in maniera analogica si ha ancora tutto il mondo da vivere.

giovedì 18 febbraio 2010

non semplice brusio

Chiacchierando con [n] sul suo blog questo suo post mi ha tirato fuori questa riflessione, che condivido piacevolmente con voi:

si può continuare a soffrire se il cuore non esiste più? ... Uhmmmm
da semimedico direi il cuore non cessa d'esistere neppure da morto, però so che intendi la componente sentimentale e quindi cambio inquadratura (presa peraltro più per giuoco che altro).
Se soffri hai ancora un cuore, quindi si può ancora.
Se non soffri più non è detto tu non abbia un cuore: dovresti non provare più alcuna emozione; nessuna foto da scattare (non coglieresti l'attimo empatico), nessun cielo da ammirare, neanche un assalto o due bei SENONI susciterebbero in te più nulla. Non saresti pervaso più neanche da un'increspatura emozionale.
Ecco, in un caso simile forse sì, potresti non soffrire più. Ovviamente escludendo il male fisico perché se ti vergano o ti bruci soffri comunque...

riflessione estemporanea... anche da semimedico in effetti bisogna convenire che i mammiferi superiori tutti sono strutturati per essere convogliatori di sensazioni. Insomma, siamo da millenni strutturati alla percezione.

corollario: c'è vasta possibilità per il protrarsi della sofferenza.
Permettimi di specificare in chiusura che nonostante l'apparente pessimismo mi ritengo un cultore non della sofferenza protratta ma della percettività a oltranza (per chi ne è dotato).
La sofferenza è solo un aspetto conseguente e secondario dell'emozionarsi. Fiamma inestinguibile e splendida.



Insomma, ragionando a mente fredda sembra proprio che il sistema neurale sia strutturato per incamerare ogni esperienza e che sia supponibile che qualunque entità dotata di coscienza abbia la facoltà di soffrire.
Ancor prima del dolore però v'è l'emozione.
Per non emozionarci dovremmo andare contronatura. Talvolta mi sembra sia una direzione pancontinentale e oltre, talaltra una scelta comoda e vile di affrontare la vita.

Se fossimo contenitori temporanei d'esperienze e conoscenze per vite superiori sarebbe illogico non poter più soffrire e tanto più lo sarebbe volerlo.

Sotto un aspetto prettamente pratico poi mi viene da pensare che "non poter più soffrire" nasconda una certa volontà di autoconvincimento per darsi una spallata e andare avanti. Legittimo e comprensibile, ma non per questo sintomatico di una facoltà che viene a mancare.
Perché l'anima soffra di atrofia da disuso bisogna essere veramente aridi. Ho la convinta illusione che per alcuni sia impossibile.

il discorso è ovviamente privo di coinvolgimenti di singoli, è generale.

mercoledì 17 febbraio 2010

wandering in my mind

Come anticipato in questo periodo ho messo un po' il cruisecontrol ed ha dato modo alla mia testa di fare bilanci e riflessioni.

Rischiavo ripetizioni tematiche clamorose. Anziché arrivare al vertice di un vortice ho preferito aspettare che cambiasse un po' il vento.

Infatti aria nuova! Riflessione nostalgica sulla giovinezza ah ah ah ah!!!!!
(trasudo autoironia ^__^)


Sì, inizio da dove mi sono arenato. Presto detto il perché: sto confrontandomi con gli SmashingPumpkins e trovo interessanti alcune loro frasi.


Partirei da Tonight tonight

Time is never time at all
You can never ever leave without leaving a piece of youth
And our lives are forever changed
We will never be the same
The more you change the less you feel
Believe, believe in me, believe
That life can change, that you're not stuck in vain
We're not the same, we're different tonight
Tonight, so bright
Tonight
And you know you're never sure
But your sure you could be right
If you held yourself up to the light
And the embers never fade in your city by the lake
The place where you were born
Believe, believe in me, believe
In the resolute urgency of now
And if you believe there's not a chance tonight
Tonight, so bright
Tonight
We'll crucify the insincere tonight
We'll make things right, we'll feel it all tonight
We'll find a way to offer up the night tonight
The indescribable moments of your life tonight
The impossible is possible tonight
Believe in me as I believe in you, tonight.





Escludendo la personalissima sensazione di incombenza che dà quella rullata, mi sono rivisto abbastanza in alcune parole.
Nel mio passato ci sono state poche follie degne di questo nome. Di tante azioni da incosciente nessuna è mai stata tanto dissennata da mettere volontariamente a rischio una qualunque vita. Eppure ho sempre vissuto cercando di affrontare con follia ogni cosa. Forse quella che io traducevo al mondo con follia era semplicemente euforia. A renderla definibile come follia era l'autolimitazione che molti si imponevano. Per risaltare "come una mosca che nuota nel latte", frase di Andrea De Carlo che mi è sempre piaciuta, ho scoperto che bastava essere estraneo allo schema vigente nella situazione di turno.
Sto divagando...
il senso che mi comprimeva il petto e dava la spinta era la percezione che ogni notte potesse essere quella giusta perché accadesse qualcosa di eccezionale o, semplicemente, l'ultima.
Nessuna notte doveva rischiare di essere trascorsa in vano.


Questa è una.
Seguono altri spunti, come la prima strofa:
"You can never ever leave without leaving a piece of youth
And our lives are forever changed
We will never be the same
The more you change the less you feel"

Quando arriva il momento di crescere hai la sensazione di essere sul ciglio d'un burrone con l'imminenza di perdere tutto. Tutto è ovviamente "tutto ciò che sei", cosa preziosissima quando sei adolescente.
In te immagini che non sarai più ciò che tanto difficilmente avevi costruito. Il timore più forte è di diventare come quello contro cui hai sempre combattuto, quello che hai cercato di non essere ed invece stai per diventare. E' frustrante.

Mi viene spontaneo riflettere, ora, su come forse le diverse età in cui uno cresce siano dettate da diversi fattori. Primo è il destino, che costringe con situazioni dolorose a trovare rapidamente soluzioni a quel salto. Per gli altri fortunati il metronomo è variabile forse in base ad un tempo strategico individuale: alcuni saltano e basta, vuoi perché gli sta benissimo così vuoi perché hanno trovato un compromesso; alcuni invece non saltano mai; gli altri, tanti passano tempo cercando un ponte tra le situazioni, chi crea palafitte, chi si tesse un aliante... un tempo diverso per ogni soluzione.
Io spero solo di non aver visto così tanti cartoni animati da sperare ancora di fare come SpeedyGonzalez che avanza nel vuoto, anche perché potrei impersonare gatto Silvestro.
(volendo il parallelismo funziona col roadrunner e il coyote).

martedì 16 febbraio 2010

vorrei vorrei

guardare al passato credo sia normale: porsi quel fatidico "e se?" secondo cui tutto avrebbe potuto essere diverso.
Trovo la nostalgia e la mancanza sentimenti comuni.






Perché dimenticare davvero non è mai facile. Tornare in dietro poi è plausibile certe volte, quantomeno come desiderio estemporaneo.

I ricordi sono il nostro vissuto, quello che ci arricchisce. Farei tesoro di ogni nostalgia tutte le volte che è possibile così da non scordare perché sono ciò che sono oggi.
Diverso invece per me è il rimpianto. Non riesco a tollerarlo più di tanto. Ogni nostro istante è un bivio decisionale e basta esser certi in quel singolo istante della scelta per non potersi poi soffermare a rimpiangere.
Se in quell'istante era quanto di meglio pensavi per te o quantomeno eri cosciente di quanto stavi per fare, anche controvoglia, non c'è spazio per il rimpianto.

Il rimpianto è per chi non sa guardare in faccia ai propri fallimenti. E' proprio il fallimento la parte che sento più vicina: è da tutti quei numerosi tasselli che è arricchito il mio mosaico.
Sono una informe ma orgogliosa massa di tessere multicolori. Il primo passo per rendere sfavillante una domus.



... e talvolta guardarsi in dietro permette di comprendere il debito che si ha verso tutte le situazioni trascorse. E rialzarsi ancora.

lunedì 15 febbraio 2010

insonnie

Proverò a non dilungarmi troppo. Incrociate le dita per me!

Sono tornato per un po' al mio paese natio. Bello.
Tuttavia ci sono svariati, vari, variegati, avariati pro- e contro- a queste situazioni. Ne elenco un po' in ordine sparso prima di giungere al punto focale:
- essere a casa tutto coccolato da genitori che non ti vedono da molto fa sentire al sicuro. Non giova alla linea ma permette di leccarsi le ferite;
- essere a casa tutto coccolato fa sì che anni e anni trascorsi da solo risultino vani e inesistenti: eri un inetto poiché bambino, sei ancora un inetto poiché affettivamente bambino. Litigare con un padre coi normali acciacchi per l'età su chi debba portare le casse dell'acqua in casa dalla macchina non ha prezzo (per chi assiste allo spettacolo), per tutto il resto è una bella orchite.
- i costi: abituati ai costi di una città per studenti toscana (cara ammazzata e scortese) la vita di paese è economicamente e umanamente una pacchia!!! Le persone ti parlano, ti sorridono, spettegolano. Potrai soffrirne l'adesività (certificata bostik, eh!) ma non troverai mai sguardi diffidenti da subito.
Monetariamente poi... qui con 10 euro ti danno supplì+crocchetta+frittumiVari+bibita+pizza a volontà; a pisa con 10 euro se va bene fai tramezzino+coca+caffè+dolcino al bar.
- la dimenticanza maxima: se da adolescente non vedevi l'ora di uscire di casa ed essere non dipendente da certi discorsi e paternalismi un motivo c'era! Ecco, difficilmente sarà scomparso.
- gli amici: rivedere gli amici di un tempo per più di una sola singola cena è davvero ritemprante.


Ora, dopo queste stravaganti digressioni arriviamo al punto del post, ovvero le insonnie del lunedì.
Già, perché delle persone ritrovate una su tutte ho avuto modo di rivivere.
Dal primo lunedì di gennaio ho avuto il cuore che palpitava di fronte alla ricomparsa di una jaguar in mano ad una certa persona.
Ritrovare le sintonie di cui ho scritto più volte è sempre una bella sensazione, ma riscoprire alcune sfumature che avevo perso tra i ricordi mi ha esaltato. Gli SleeplessLullaby hanno sempre, dalla prima suonata assieme, trovato intesa non solo negli occhi e nelle note ma anche nelle mani. Insomma uno sapeva seguire l'altro e viceversa semplicemente guardando le mani e sentendo la struttura armonica. Inoltre hanno sempre mantenuto una vena creativa votata all'improvvisazione. Non abbiamo quasi mai divulgato nulla, eppure siamo pieni di giri, assoli, testi più o meno compiuti creati estemporaneamente. Non ne avevo memoria così forte ma me ne sono accorto subito in questi due mesi ormai: dalla prima sera il ritrovato chitarrista ha portato un pezzo nuovo "Oh! suonando senti che ho trovato" trovandomi casualmente con un giro di basso che, sempre casualmente, girava sulle stesse note della chitarra.

Intesa oltre spazi tempi e intenti. Siamo semplicemente due amici che dialogano a note e discorsi semiseri. Il lavoro non permette più di saltare il sonno completamente, ma l'affinità è intatta.

Credo nell'amicizia fortemente, quindi non dovrei essere così stupito. Eppure ritrovarsi a distanza di tanto tempo con le mani poco allenate e suonare senza il minimo problema, come se non ci si vedesse dalla sera prima è una sensazione decisamente potente, che regala conferme di legami in cui pochi credono.



Narrarsi senza filtri, emozionarsi e appassionarsi. In un mondo di soldi questi sentimenti sono il mio più caro tesoro.


Bentornate insonnie!

domenica 14 febbraio 2010

valentine's

Il giorno degli innamorati.

c'è di che pensare...

Quali?

Quelli ufficiali (secondo la SantaChiesa spa), quindi gli sposati?? Le coppie di fatto?
E allora i gay? ma solo quelli che fanno coppia fissa o anche quelli un po' più libertini?
Ancora, se io amassi dal profondo del cuore una procace e sorridente meraviglia femminile dalla prorompente sensualità, ma solo per il numero di ore intercorrente tra i suoi orgasmi e i miei fiotti sulle sue espressioni interdette???
Se invece fossi, come veridicamente sono, empaticamente vicino agli animali, dovrei dunque inzeppare di cioccolatini con doppio incarto e nocciola al centro ogni cane o gatto incontrato in queste ventiquattr'ore??
E le suore?? Lanciano cioccolata al cielo con un fiondone?


Mi sembra che francamente questa operazione così commerciale sia veramente male organizzata: troppi buchi! quanti spazi commerciali non ancora coperti!
Compatisco il direttore marketing che dopo questo mio post perderà il suo lavoro.





Ma ancora, io, che amo la vita nel rispetto del bilancio energetico della natura, che detto così è una supercazzola insignificante ma invece chi sa capisce, che devo fare? A chi dimostrare amore quando amore è un sentimento di base che unifica e rispetta e abbraccia?

La "festa degli innamorati" mi sembra una bella frescaccia per chi non ha ancora definito l'amore. Un quotidiano estensivo ed intensivo val ben più che una cena discreta pagata troppo.




Ho detto banalità? Ho usato troppa retorica e troppo poca grammatica?
Vero.
Ma questo panegirico era solo per dire che io, per non saper né leggere né scrivere oggi mi sono dedicato a me stesso, e al mio blog: autoerotismo intellettivo.

Ho aggiunto alcune etichette per rendere soprattutto più facile la consultazione di post quali la saga del credo e quella dei promemoria per anime progredite: un servizio agli affezionati!
Nota: ci sta che i video ormai non funzionino più. Col tempo vedrò di sistemarli!
Postilla: già che si parlava di autoerotismo ed amore per se stessi consiglio a tutti, in onore di oggi e del narcisistico amore di ognuno per sé una bella e sacrosanta mezz'ora di masturbazione ^__^

saluti ebbbbaci e anche auguri

sabato 13 febbraio 2010

cruising

Chiunque guidi da qualche anno e abbia percorso da solo un po' di km sa che l'attenzione non è sempre costante.
Ci sono momenti in cui semplicemente si guida, lasciandosi trasportare dalla strada come una goccia d'acqua a tutta forza nell'alveo. In quei momenti la mente vaga altrove.
Intanto che l'asfalto scorre sotto il sedile ci si immerge in lunghi viaggi cerebrali. A volte sono preoccupazioni e casini, altre semplicemente pensieri che ci portano via quasi legati a una foglia d'autunno in balia del vento.

Così è stato ultimamente: ho pensato altrove intanto che me stesso portava avanti nuove strade e esperienze.

Ho fatto chiarezza, forse. Senz'altro ho ritrovato un po' di cose lasciate in dietro.

Nei giorni che verranno spero di riuscire a condividere quanto di nuovo ho incontrato. Con me stesso come con chiunque legga come è sempre stato.




nota tecnica: ho trovato per un certo periodo una serie di strani messaggi, anche contenenti link. Nel timore di phishing vari e idioti generici ho introdotto (credo) il kaptcha o come diavolo si scrive e la moderazione dei commenti. Scusate i disagi e le complessità ma non avendo un back-up serio di questo spazio preferisco risparmiarmi deludenti inghippi che non saprei risolvere.
abbracci stretti

venerdì 12 febbraio 2010

quasi sillogistico

ogni melodia talvolta necessita di un ampio silenzio per poter essere apprezzata meglio.


In questo anche dal suo stesso compositore.

sabato 16 gennaio 2010

ironie

Il blog è andato lungamente in pausa.
Obbligo.
Nella vita talvolta ti capitano cose che ti stravolgono non poco le prospettive e allora anche se vorresti subito raccontare le emozioni che ti palpitano dentro devi aspettare, lasciare che maturino intanto che ne consideri gli aspetti via via che elabori le cose.

La vita è ironica, lo dico da tempo. Solo che talvolta il suo modo beffardo di ricordarti come funziona è irritante.

Sono finite le feste di natale, io ho ricevuto come regalo più bello il senso della vita.
Il ritorno alla vita cui si assiste quando si rianima un essere vivente è qualcosa di mal descrivibile per quanto è intenso. Tenere tra le dita un corpo minuscolo e gelido e immobile è disarmante, specie quando la tua sbadataggine ha un coinvolgimento in quel gattino annegato. La rianimazione è qualcosa invece che prescinde dalla comprensione persino delle mie azioni.
La scelta tra non provarci nemmeno e sperare è stata di per sé enorme; affrontare poi i primi istanti in cui il solo segno di vita è la più esaustiva spiegazione di "agonia" che abbia mai conosciuto è scoraggiante.
Oscillavo dall'osservazione della morte a quella della vita che finisce ad ogni secondo. Il mio agire scorreva lento nella concitazione degli avvenimenti che precipitavano. Le dita comprimevano un manichino dalle sembianze feline che per temperatura e consistenza non era poi così dissimile da una fetta di petto di pollo tirata fuori dal frigorifero. Ogni gesto si è svolto senza grande consapevolezza, era solo il ripetere quanto appreso poco tempo prima in una sessione di addestramento anestesiologico, solo che qui veniva fatto trattenendo le lacrime e rimandando in gola i continui conati di vomito che cercavano di salire a gridare tutta la desolazione e il senso di colpa che non avevo il coraggio di urlare.

Poi di colpo è sopraggiunto un battito cardiaco, poi un altro... ed un respiro.
Il resto della dedizione è stato per scaldare quel corpicino gelido.

L'immagine che a lungo porterò negli occhi è quella di due occhi fissi, spalancati, sbarrati, quasi due pozzi torbidi da cui guardare l'oblio, che si restringono di colpo mentre quell'ammasso di pelo umido grigio giornale bagnato (il mantello è bianco pezzato nero, ma il rosa della pelle senza sangue a portare ossigeno tendeva a un grigio simile) prende un respiro enorme e buttando fuori l'aria, di schianto, urla in un miagolio tutta la sua vita.
Parlare di miracolo non mi sembra adatto a una persona che cerca nella scienza qualche spiegazione plausibile di questo e di ogni altroquando. Non mi sembra adatto nonostante mi abbia direttamente coinvolto (il che in effetti HA del miracoloso). Se la vita ha prevalso ci sono delle ragioni spiegabili e motivabili.

Quello però che ho compreso è che per quanto abbia creduto e creda ancora nella vita, non avevo minimamente intuito di quale potenza e forza essa disponga. Ho sottovalutato la vita. Decisamente.

La vita è un'energia così potente da poter contrastare la sua stessa fine, è una scintilla che divampa nel buio oltre l'immaginabile. Non so se avrei mai compreso quanta forza vi risieda se non l'avessi vissuto.

Quella notte non ho pianto quanto mi sarei sentito né di disperazione né di gioia, ma ogni fibra di me ha vibrato di inquietudine e tepore fino alla notte seguente. La vita che ho conosciuto quella notte trascende ogni sentimento, ogni implicazione, come una nascita: ti disarma e fa sentire minuscolo, perché risiede anche dove * non oseremmo sospettare.



...
Il gattino è stato abbandonato nei giorni freddissimi che hanno preceduto il natale del 2009. Non avendo cuore di lasciarlo al gelo ho voluto provare a farlo accettare dai miei gatti. Per colpa della mia enorme stupidità ha rischiato di morire in maniera orrenda la notte di natale.
Ora, che sta finalmente bene ed è un micio abbastanza in forze da affrontare il mondo ed essere mescolato agli altri gatti, è arrivato il responso delle analisi: è e sarà quantomeno portatore di una malattia che lo espone alla possibilità di morire in maniera repentina e dolorosa se andrà male, mentre se andrà bene sarà comunque un animale cagionevole e da tenere sotto controllo. Nota non da poco, questa malattia potrebbe aver già contagiato tutti gli altri gatti a cui ho tentato di aggiungerlo.

Nel tentativo plurimo di salvare una vita, rischio di perderne cinque. Questa è la vita, questa è la medicina per chi antepone i sentimenti e i sogni alla realtà. E' il suo bello in fondo e non sarebbe così interessante vivere se non fosse per questo ottovolante di emozioni *.
La merda è che in sere come questa fa proprio male.