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domenica 2 settembre 2012

propositi di felicità



mercoledì 30 maggio 2012

fate finta di niente

"... se non son divertente" chiude così un verso d'una canzone dei Timoria.
La frase a dire il vero di quella canzone che più mi piaceva e piace tutt'ora è una domanda: "Cosa c'è, cosa c'è? cosa c'è in una canzone di me? è che c'è è che c'è, è che c'è tanto dentro tanto di me".

Questo per ricordarmi e ricordare a chiunque passi di qua che tutte le parole contenute in questo spazio fantastico, cioè di fantasia dato che non esiste alcunché di tangibile o resistente al tempo di questo blog, è pura memoria virtuale, sono relative a me stesso. Non posso negare una certa soddisfazione nel comprendere che anche altri possano rivedersi od immedesimarsi. Non lo nego, ritengo sia testimonianza di una scelta semantica e lessicale abbastanza valida da trescendere l'individualità. Se qualcuno riesce a immedesimarsi nelle mie parole scritte allora il messaggio è arrivato: è comunicatività.

Per quanto scriva per me stesso non sono così umile da non provare una piccola gioia. Tuttavia le parole se non esplicitamente rimarcato, sono tutte mie, così le idee, così la vita da cui attingo. Forse sono semplicemente una persona fin troppo qualunque.
Sta di fatto che è caso decisamente raro che prenda spunto da vite di terzi senza alcun mio coinvolgimento e solitamente è detto. Quando capita poi è per proporre mie riflessioni.

Insomma, quando leggete qua, se potete lasciatevi cullare o scaraventare dalle parole. Leggete in tutti i possibili livelli di interpretazione che sapete dare. Non scordate però, ve ne prego, che quel che c'è in ogni post è che c'è tanto dentro, tanto, di me.
Siate clementi se v'è arrecata offesa, siate presenti a voi stessi ricordandovi che è della mia esistenza rifiltrata che si parla.



sabato 17 settembre 2011

pioggia sul volto

Già una volta ho scritto di momenti toccanti durante i tirocini. Come per quel San Bernardo ed il bambino.

Ho rivisto entrambi recentemente: il cane tosato e magro per una malattia, con appena la metà della sua imponenza, il bimbo in piedi e riccioluto sul cenere con negli già un accenno della corruzione adulta, niente più incanto indiscriminato. Peccato.

Ciò di cui voglio invece parlare è antipodico rispetto a quell'evento. Vengo chiamato fuori per parlare, in disparte tra le automobili parcheggiate con faccia seria e torva. Non avevo idea di quale sfuriata incombesse, sebbene propendessi per proteste sul tempo d'attesa ché gli innumerevoli incidentati del giorno avevano creato una fila consistente.
Mi viene chiesto quando può entrare a saldare. Smarrimento istantaneo: cose che non mi riguardano a priori ma che ho difficoltà a capire ancor di più già che non è nemmeno entrato, ancora.
Poi arriva la motivazione. Una rivoltellata a bruciapelo dritta in pancia, occhi strabuzzati senza poter mantenere un'espressione imperturbata: "stamane Red è morto".
Frenata dei pensieri tutti. I casi, le terapie, la fila fuori, il vociare, i latrati, le cose da imparare, la stanchezza, i malumori. Inchiodata istantanea senza neanche ABS. Via poi a tutta velocità a pensare a cosa sia successo perché per come e ripercorrere la storia.
Red, inizialmente Roscio, è un gatto trovato da un villeggiante sotto Pasqua. Trovatello raccattato come tanti. Lo hanno raccattato in giardino e per compassione provano a fare qualcosa. Ne passa tante, tra cure per le infezioni respiratorie accertamenti vari per fare diagnosi e così via. Loro tornano al luogo di residenza ufficiale, ma continuano a farlo seguire da noi. 120 Km ad andare e 120 per tornare. Il gatto migliora poi ripeggiora e così via.
Dopo qualche mese con controlli e terapie di mantenimento a distanza Roscio, ora Red, dopo essere stato bene era ripeggiorato in Settembre.
Fin qui una storia come tante. Un caso cronico grave su cui tutti, neo proprietari in primis, hanno investito molte energie.
La mente è qui col viaggio, con la ricapitolazione ma prmia che possa arrivare alla bocca alcun comando per parole arriva lo sparo. Ascolto come Red sia morto.

Red il trovatello, raccattato in giardino per caso in un giorno di pioggia; Red il randagio col fiato corto e le zampe magre che si regge in piedi tremolando all'alba si alza dalla cuccia, esce e si trascina per una rampa di scale e poi fino le camere da letto. Lì riesce a montare a letto e miagolare flebilmente. Il proprietario si sveglia e gli fa posto intanto che Red a testate cerca di accoccolarglisi al fianco premendo con forza. Red si sdraia accanto a lui, accosto a lui. Miagola ancora, si acciambella come può, lo guarda, poggia la testa fa due rantoli e muore.
Red stamane all'alba è morto impiegando le sue ultime forze per andare a ringraziare chi si era preso cura di lui senza un perché se non per l'avere un cuore.

Ho ascoltato il racconto da un uomo adulto con gli occhi bordati di un rosso vivido.

Il primo pensiero è stato che gli animali riescono a dimostrare una umanità per noi oramai obliata, ancestrale gene sopito. Ne sono certo; schifato soprattutto.

Ora, con gli occhi bordati di rosso nel raccontarla e ripercorrerla mi rendo conto di aver capito che è per persone simili che vale la pena di sopportare le file, le sfuriate, i cretini, le angherie, le delusioni gli orari inesistenti e tutto il resto. Ci sono ancora persone con l'umanità di un animale, prima o poi le incontreremo; è per loro che ha senso continuare a mettercela tutta, col cuore.

Grazie Red, buon viaggio.

mercoledì 6 luglio 2011

coscienza preconoscente

Si tratta di quelle cose che inspiegabilmente si sanno prima di averle studiate, conosciute, affrontate. In molti casi, come per gli animali ad esempio, si riduce e ricollega all'istinto: il puledro che sa già alzarsi in piedi e suggere da neonato, alcune attività di caccia di base in alcuni predatori, alcune fobie.

esistono poi erò altre cose che si conoscono e percepiscono prima che se ne abbia conoscenza razionale: sentimenti, motivazioni, obiettivi... talvolta persone.
Nel mio caso è una canzone, per certo. Ogni volta mi commuove se la penso nel buio della stanza, da sotto le coltri. Mi fa sentire triste, nostalgico ma contemporaneamente al sicuro. E' un incanto. Non saprei come altro descrivere questa sensazione.

La cosa più stupefacente è che è una canzone che di norma non ascolto e non ho mai ascoltato. La prima volta che ho messo il disco su, scelto bene il solco tracciato nel vinile, è partito il riff di chitarra ed io già lo anticipavo: ne conoscevo l'andamento e le note, gli stridori e poi il testo lo conoscevo già abbastanza bene da poterla cantare.

Ne avevo già coscienza ma ancora non ne avevo fatto conoscenza. Almeno non prima della nascita. Come facevo a conoscerla? Era la canzone che suonava nel giradischi di casa mentre mia madre era incinta di me. Così il suono della chitarra riverberava nel liquido amniotico e mi nutriva i pensieri e la memoria prima ancora che fossi al mondo.

Siamo più permeabili al mondo di quanto mai ammetteremmo. Dovremmo ascoltare il vento più spesso per scoprire che quella brezza è gia parte di noi.

Un sorriso cullato tra le braccia. Ho un ricordo di prima che nascessi. Grazie madre.

mercoledì 25 maggio 2011

compagna

come sempre in questi casi prima caricare poi leggere. Einaudi è il pianista che suona la melodia che vi cullerà come vento tra le parole, spero. I diritti musicali appartngono a lui e alla sua casa discografica. Le immagini sono di chi le ha scattate.

Parole mie.
Più una richiesta che una dedica forse è quel che segue, o forse solo una grande illusione o un mio stupido modo di vedere l'amore...





portami con te, nei gesti quotidiani, nelle movenze...

Scosti le coperte e scendi dal letto. Ti vedo bere il caffé e mangiare qualcosa in fretta con già il pensiero ad uscire per andare a lavoro ma lacalma del giorno che nasce e i tuoi passi cominciano danzare su esso. Movimenti via via più fluidi.
Sono accanto a te mentre prendi lo spazzolino e ti lavi. Ti sorrido da un angolo, dietro una spalla, appena oltre la visuale della coda dell'occhio: angolo morto, i miei occhi traboccano affetto.

Portami con te, nei gesti quotidiani, nelle movenze...

Via verso gli impegni della giornata. La borsa a tracolla infilata quasi trafelata, che la giacca non sempre è sotto.
Poi il lavoro, l'eleganza delle tue mani che s'intrecciano sicure nello scorrere delle ore. Le pause caffé, i sorrisi, le litigate e i momenti bui.
Tutto si sussegue ed io con te col mento che sfiora una spalla mentre il naso spunta accanto all'orecchio.
Lascia che assapori il profumo dei tuoi capelli, pensami lì e lascia che ti rallenti un istante; quasi un bimbo nell'età dei perché incuriosito anche dai gesti più elementari.

Portami con te, nei gesti quotidiani, nelle movenze...

Esci, inspiri e guardi il cielo. La stanchezza certi giorni sa farsi da parte se c'è il colore giusto lassù, magari riesci a distrarti appresso a una nuvola, un piccione che plana da un cornicione.
Verso casa, verso sera, verso la frenesia del traffico per tornare alla quiete. Sono i passi al tuo fianco, ti sorrido da uno specchietto retrovisore o dal marciapiede sull'altro lato della strada. Sempre lì.

Guidami senza paura e racconta. Vivi ogni gesto e pensami, io sarò lì a guardarti ancora con orgoglio e gioia, dolcezza senza fine: "non preoccuparti, va tutto bene".





Portami con te, nei gesti quotidiani, nelle movenze...

Eccoci è sera e ancora non mi stanco di te. Mi racconti i fatti raccolti nel giorno ma io ero lì con te. Sentirli è la materializzazione visiva di quanto il mio spirito abbia supportato tutto il giorno. Semplicemente.
Ancora un'altra sera ci ritroviamo. Magari distanti, solo parole tra noi. Ma il giorno non è stato vano: eravamo noi, anche nelle inezie. A noi torniamo coi nostri vissuti; in due, comunque.


Portami con te, nei gesti quotidiani, nelle movenze...

Io farò lo stesso con te. Saremo in due. Nessuno sarà solo. Mai.

lunedì 23 maggio 2011

occhi alla finestra

Verso il niente e verso tutto. Guardo oltre le lame trasverse delle persiane il cielo quasi estivo stemperarsi in un grigiore innaturale.
Oggi cade l'anniversario della strage di Capaci.
Come ogni anno rifletto sugli eroi e sull'eroismo. Cosa è e dove si nasconde l'eroismo?
Eroe dovrebbe essere non solo chi combatte i soprusi, ma chi mette a rischio la sua vita per qualcuno o qualcosa solo perché è giusto così, senza altri interessi.

E' eroico chi non cede alle disgrazie e trova modo di tirare avanti, facendosi anche carico della famiglia che ha creato, senza scappare; è ancor più eroico chi s'immola per ideali o per sconosciuti. Diceva sempre Faletti ma in una canzone antecedente "gli eroi son tutti morti, meno che nei discorsi". Ecco, guardo al cielo cercando di scorgere un mantello al vento o forse solamente una bandiera garrire al vento come un simbolo in cui credere e che si è orgogliosi di onorare non solo alle feste laiche comandate, ottima scusa per saltar scuola o lavoro.

In questo paese non riesco a intravedere neppure la speranza che un giorno tutto torni ad andare nel verso giusto. Non solo i pochi eroi in cui credere sono morti, ma anche l'eroismo sta svanendo. Il massimo degli esempi di virtù saran presto veline e tronisti, che almeno non sono Escort e addirittura a volte parlano (leggasi una mia personale polemica alla campagna di Ricci per eliminare ogni critico del fenomeno valletta - oca).

Non basta, "chi c'ammazza prende di più della brava gente". Ma chi è la brava gente? Chi si spacca le mani le spalle o il cervello per portare a casa due onorati euro? O ormai chi dovrebbe essere la "brava gente" che guida con un ideale e caparbietà un paese tende sempre più ad essere sovrapponibile a "chi ammazza"?

Sta venendo meno il confine tra bene e male, tra legittimo ed illegittimo. E' la desolante morte della fiducia e della speranza.
Noi qui, popolo di ignavi che non desidera altro che non aver problemi e che qualcuno scelga al posto nostro purché ci lascino il nostro muro di casa intonso, a guardare il cielo grigio alla finestra. Guardiamo fuori disillusi che V for Vendetta sia solo una storia e che un finale che sovverta il Fato sia pura fantasia.
Servirebbero dannatamente degli eroi qua, una volta ritrovata l'umanità.



Una lacrima per chi ha dato la vita per ricordare che non si deve smettere di lottare e sperare.

"Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola"G.Falcone

giovedì 12 maggio 2011

vivere le cose

E' stato un mio problema negli ultimi anni. Ultimi: se un terzo del vissuto vale come "ultimi" come fosse poca cosa, allora Sì, ultimi anni.

I motivi, le scuse, possono essere davvero disparati. La validità sta all'uditore - lettore ed al protagonista.
Fidanzate gelose e possessive che hanno limitato le possibilità d'interazione facendo leva su senso di colpa ed amore (quando ancora non avevo del tutto chiaro chi davvero volessi al fianco); esperienze luttuose da adolescente e poi più tardi; una professione ed interessi specifici in essa che portano alla freddezza e al distacco; una tendenza innata a volte al misantropismo; il senso di inadeguatezza; la pratica della scherma, alla ricerca vana della lucidità sotto adrenalina; le grandi insoddisfazioni ed i mille pensieri da cui non so staccare la spina; molte, moltissime altre situazioni e persone potrei tirare in ballo.

Credo che, se non tutte, almeno alcune siano qualcosa di più che scuse poiché ferite profonde rimediate in un vissuto autentico. Pochi ne conoscono i risvolti appieno perché ognuna è conservata nella memoria in scatoloni identici e privi di numero in una sorta di hangar dell'area51 mentale.

Di certo però ho la colpa di essermici adagiato. Ho usato validi motivi per poi non cercare di recuperare. Avevo postato zeta reticoli tempo fa con la convinzione che prima o poi con lo slancio serbato avrei spiccato un salto tanto ampio da sembrare un volo.
Non è andata proprio così. tutt'ora è raro riesca davvero a lasciarmi andare: ogni tanto la mia attenzione crolla drammaticamente, talvolta sono ipervigile e guardingo, talvolta mi assorgo nel flusso della mia fantasia. Risvolto drammatico è il non godere, perdersi momenti, emozioni condivise, persone. In questi giorni ne ho dovuto prendere atto. Drammaticamente.

Ho motivazioni scientifiche anche per spiegare razionalmente questi cali di tensione, queste voragini mnemoniche e d'interazione. Serve a poco perdercisi attorno però. Il fulcro (intanto io leggerei ascoltando questa melodia triste *) è che mi sono lasciato scivolare tra le dita istanti preziosi ed un domani mancheranno all'appello tanti possibili sorrisi non vissuti. E' una grande ammissione di fallimento. Ho scritto spesso a tal proposito, segno evidente di una coscienza del problema. Però la volontà di modificare tutto questo non è mai stata messa in pratica.
Complici le tante cose ancora da concludere, in vergognoso ritardo, mi sono autoescluso dalla vita.
Cretino, infinitamente cretino. Anche saggio tuttavia: chi mette il cuore nelle relazioni interpersonali ogni volta che può si espone a ferite che a volte neanche si rimarginano. Nel tempo acquisire palizzate e difese è più istinto di sopravvivenza che volontarietà. La mia è diventata un restare guardingo, cosa forse non troppo inimmaginabile per chi s'è tante volte sentito un gatto randagio. Anche facendo le fusa le orecchie restan tese ed i muscoli nevrili, pronti.

(cambiamo toni)
Non so quanto queste confessioni portino a qualcosa. Di certo in me qualcosa sta ancora mutando e il rimpianto degli anni persi si sta trasformando in voglia di afferrare di nuovo il mio tempo, i miei giorni, godendoli appieno o per lo meno godendoli.

Nell'ultimo anno e mezzo ho attraversato fasi distanti tra loro ma entrambe formative: dall'abbandono inerte della depressione alle mille attività con cui ne sono un po' uscito; un nuovo, vecchio, luogo; progetti e voglia di fare anche se altalenante, data l'ingenza della carne messa sulla graticola.
Sono rimasto in dietro. Innegabile. Eppure di cose ne ho fatte ed anche se talvolta mi estraneo e non vivo, di individui, momenti, ne ho vissuti eccome. Non credo sia un peccato tanto grave essermi difeso un po'... in fondo anche molti combattenti restan con la guardia alta anche a misura di sicurezza.
Per altro, ho appena trent'anni. Se per molti sono una soglia da varcare mettendo giù piani e progetti per il domani, cosa che per certi versi condivido ed invidio, credo che non sia così deprecabile essere, o almeno sentirsi, un individuo totipotente ed in divenire.
Sto cominciando ora ad incarnare l'uomo che vedevo in sogni dal divenire. Forse non esattamente lo stesso, ma certamente sto mutando; pian piano.
Non credo non vivrò più le cose. Penso piuttosto che per potermi lasciare andare a vivere momenti miei e di svago fosse prima necessario mi dimostrassi di essere davvero in grado di gestire e riuscire in quello che un domani sarà il mio quotidiano, la mia vita, gli impegni, il "devo".

Forse per riprendere a vivere serviva qualcuno che me lo facesse notare e serve qualcuno che abbia la pazienza di vedere che uomo diverrò e la voglia di contagiarmi, di prendermi la zampa senza farmi tendere (resto un gattaccio bastardo, diamine!) e farmi riscoprire quante cose ci siano da vivere oltre a quelle da cui ogni tanto mi lascio incantare per poi raccontarle in emozioni e sorrisi a chi con me ha gioia nel dividere schegge d'anima.
Magari ho perso il tempo per molti salti, abbandonandomi ad osservare il paesaggio dal dirupo a picco. Ma un giorno anche io fenderò il vento con le dita e il viso, da uomo. Divenuto. Brindando verso l'orizzonte a chi mi avrà voluto e saputo aspettare e si troverà a volteggiare con me nel domani.





PS: se controllate dicembre 2010 nei prossimi giorni troverete a pubblicazione posticipata i racconti di un viaggio e di un vissuto per me molto importanti, eventualmente, buona lettura!





* nota: in alternativa guardate questa versione in cui vi supplico di apprezzare gli arbre magique aggiunti digitalmente che frantumano la drammaticità del pezzo suscitando ylarità smodata

sabato 16 gennaio 2010

ironie

Il blog è andato lungamente in pausa.
Obbligo.
Nella vita talvolta ti capitano cose che ti stravolgono non poco le prospettive e allora anche se vorresti subito raccontare le emozioni che ti palpitano dentro devi aspettare, lasciare che maturino intanto che ne consideri gli aspetti via via che elabori le cose.

La vita è ironica, lo dico da tempo. Solo che talvolta il suo modo beffardo di ricordarti come funziona è irritante.

Sono finite le feste di natale, io ho ricevuto come regalo più bello il senso della vita.
Il ritorno alla vita cui si assiste quando si rianima un essere vivente è qualcosa di mal descrivibile per quanto è intenso. Tenere tra le dita un corpo minuscolo e gelido e immobile è disarmante, specie quando la tua sbadataggine ha un coinvolgimento in quel gattino annegato. La rianimazione è qualcosa invece che prescinde dalla comprensione persino delle mie azioni.
La scelta tra non provarci nemmeno e sperare è stata di per sé enorme; affrontare poi i primi istanti in cui il solo segno di vita è la più esaustiva spiegazione di "agonia" che abbia mai conosciuto è scoraggiante.
Oscillavo dall'osservazione della morte a quella della vita che finisce ad ogni secondo. Il mio agire scorreva lento nella concitazione degli avvenimenti che precipitavano. Le dita comprimevano un manichino dalle sembianze feline che per temperatura e consistenza non era poi così dissimile da una fetta di petto di pollo tirata fuori dal frigorifero. Ogni gesto si è svolto senza grande consapevolezza, era solo il ripetere quanto appreso poco tempo prima in una sessione di addestramento anestesiologico, solo che qui veniva fatto trattenendo le lacrime e rimandando in gola i continui conati di vomito che cercavano di salire a gridare tutta la desolazione e il senso di colpa che non avevo il coraggio di urlare.

Poi di colpo è sopraggiunto un battito cardiaco, poi un altro... ed un respiro.
Il resto della dedizione è stato per scaldare quel corpicino gelido.

L'immagine che a lungo porterò negli occhi è quella di due occhi fissi, spalancati, sbarrati, quasi due pozzi torbidi da cui guardare l'oblio, che si restringono di colpo mentre quell'ammasso di pelo umido grigio giornale bagnato (il mantello è bianco pezzato nero, ma il rosa della pelle senza sangue a portare ossigeno tendeva a un grigio simile) prende un respiro enorme e buttando fuori l'aria, di schianto, urla in un miagolio tutta la sua vita.
Parlare di miracolo non mi sembra adatto a una persona che cerca nella scienza qualche spiegazione plausibile di questo e di ogni altroquando. Non mi sembra adatto nonostante mi abbia direttamente coinvolto (il che in effetti HA del miracoloso). Se la vita ha prevalso ci sono delle ragioni spiegabili e motivabili.

Quello però che ho compreso è che per quanto abbia creduto e creda ancora nella vita, non avevo minimamente intuito di quale potenza e forza essa disponga. Ho sottovalutato la vita. Decisamente.

La vita è un'energia così potente da poter contrastare la sua stessa fine, è una scintilla che divampa nel buio oltre l'immaginabile. Non so se avrei mai compreso quanta forza vi risieda se non l'avessi vissuto.

Quella notte non ho pianto quanto mi sarei sentito né di disperazione né di gioia, ma ogni fibra di me ha vibrato di inquietudine e tepore fino alla notte seguente. La vita che ho conosciuto quella notte trascende ogni sentimento, ogni implicazione, come una nascita: ti disarma e fa sentire minuscolo, perché risiede anche dove * non oseremmo sospettare.



...
Il gattino è stato abbandonato nei giorni freddissimi che hanno preceduto il natale del 2009. Non avendo cuore di lasciarlo al gelo ho voluto provare a farlo accettare dai miei gatti. Per colpa della mia enorme stupidità ha rischiato di morire in maniera orrenda la notte di natale.
Ora, che sta finalmente bene ed è un micio abbastanza in forze da affrontare il mondo ed essere mescolato agli altri gatti, è arrivato il responso delle analisi: è e sarà quantomeno portatore di una malattia che lo espone alla possibilità di morire in maniera repentina e dolorosa se andrà male, mentre se andrà bene sarà comunque un animale cagionevole e da tenere sotto controllo. Nota non da poco, questa malattia potrebbe aver già contagiato tutti gli altri gatti a cui ho tentato di aggiungerlo.

Nel tentativo plurimo di salvare una vita, rischio di perderne cinque. Questa è la vita, questa è la medicina per chi antepone i sentimenti e i sogni alla realtà. E' il suo bello in fondo e non sarebbe così interessante vivere se non fosse per questo ottovolante di emozioni *.
La merda è che in sere come questa fa proprio male.

venerdì 25 settembre 2009

unione

Capita di non accorgersi di come il quotidiano intessa per noi legami. Bastano poche cose, inezie tanto piccole da sembrare sciocche e superflue. Basta lo scorrere del tempo per scoprire che quelle sciocchezze erano ricordi preziosi.
Di ricordo in ricordo crescono i giorni, si scopre di conoscersi oltre le parole.

E' nelle stupidaggini fatte assieme o nel sonno abbracciati che ho ritrovato un calore profondo e di cui non mi ero reso conto. Non così profondamente.

Eppure non mi sono stupito di capire in anticipo cosa non andasse. Strano allora lo stupore per l'apprensione quando stava male.


Nonostante tutti i tentativi umani di produrre l'opposto risultato, il mondo è un bello spaziotempo dove esistere: la bioelettricità su cui si basa il nostro funzionamento è in grado di strutturare affinità, legami, simbiosi, intese. Il bello del mondo emerge quando basta un incrocio di sguardi per raccontarsi una unione reciproca.
La cosa più interessante è che sono legami che sanno prescindere da tutto; è il mondo. Nel tutto ad unirsi sono gli esseri viventi.
Basta inspirare a fondo ed accostarsi a sentire.


Alle mie due piccole.

sabato 13 giugno 2009

sensazione viscerale trascorsa

per una volta gli ashi non esaltano il riso ed il suo sapore salato non è per un condimento. La nausea stavolta non è per il virus. Si chiama addio questa malattia.

Esistono cose per cui combattere allo stremo. Cose che in alcuni individui si conoscono da sempre poiché l'istinto stesso fa passare all'azione prima che il pensiero possa valutare pro e contro.

Per quanto mi riguarda la parola capace di racchiuderli tutti è Sogni. Però è possibile suddividerli in tre compartimenti di potere: Amore, Principi, Sogno.

Tra questi l'amore è il più controverso. Per quanto spesso sia una manifestazione egoistica, sa suscitare il desiderio di bene incondizionato per la persona amata. Sa far male interiormente come niente altro. E' irriverente verso raziocinio e mediazione.
Per gli individui come me, poi, è qualcosa di imprescindibile. Non saprei ancora vivere con me stesso e basta. Non nel mondo civilizzato.

L'amore è anche bastardo talvolta. Si fa vivo e lampante quando tutto ormai è prossimo a precipitare. O già precipitato.
Tal'altra è un legame indissolubile e tuttavia irrealizzabile.

Insomma, l'amore è una melodia da cui lasciarsi incantare. Vada come vada l'incanto assieme alle ferite lascerà profumi e malìe che renderanno meritevole il vissuto.
Sfortuna vuole che prima che il vissuto divenga felice ricordo, quando si perde un sentimento tanto potente la sola cosa a corrodersi è il frammento d'anima coinvolto.
E' bello percepirsi talmente vivi e universali... aver certezza di avere un'anima.7
Eppure è una tale stretta allo stomaco e alla gola che le lacrime salirebbero indipendentemente da tutto. Ti senti soffocare, quasi il corpo si ribellasse alla sopravvivenza fisiologica.
Con l'anima il frantumi l'involucro non è che un veliero privo di timone: in completa balìa delle onde.

Ecco il significato della malattia tra virgolette. Sapere di star lasciando scivolare via qualcuno di importante fa rivoltare l'anima.

In questi giorni mi sento fin troppo cosmico.

venerdì 12 giugno 2009

Mascherata di iperboli e buonumore

Stavolta, anche stavolta, parlerò un po' di me.

Non è concesso al lettore neppure pensare "che palle", d'altronde è un diario; che pretendevate??

Sono di difficile interpretazione talvolta: vivo d'iperboli e sorriso. Cosa significhi è un tantino complicato da spiegare. Proverò.

Iperbole.
L'iperbole per me, nell'ogni giorno, consiste nel gusto per le reazioni eccessive. Trovo divertente una reazione assurda e spropositata per cose minime. Non sempre sia chiaro, ma frequentemente sì. Apprezzo il dirompente dell'imprevedibile e mi sbellico interiormente nel manifestare concitatamente e con forza le inezie.

Esempio pratico è urlare "ommioddio ecco ora finirà il mondo, sarà un bagno di sangue, un Giudizio Universale!!!" per un bicchiere rovesciato oppure disperarsi per una borsa lasciata nell'altra stanza.
E' giocare col teatro dell'assurdo nella vita vera. Far confrontare il mondo col proprio non sense. Peraltro è una valida maschera.

Ho sempre pensato che la serietà sia fondamentale nei momenti in certi momenti. Tuttavia ritengo che momenti davvero seri, in cui non esista spazio per un sorriso, siano davvero pochissimi.
Peraltro quando davvero sono in preda all'ira il tono muta pesantemente, colmandosi di furore ed emerge un passato romano di cui sempre andrò orgoglioso. Lo sguardo soprattutto cambia, poiché cerca il contatto visivo, il contrasto... ambedue non ammettono repliche; ambedue traboccano adrenalina.
Tuttavia il contesto risulta diplomatico: concitato sì, insofferente pure, ma mai urlato o confusionario. Postura pacifica e tono irato.


Pertanto, già che il vero risentimento è qualcosa di raro ma serio, e quindi formale e privo di sorrisi, tutto il resto è all'insegna del sorriso!
L'assurdo ed il plateale poi in quanto parte del teatrino sono intenzionalmente una immensa e costante burla, mai da prendere sul serio.
Soprattutto perché sia prima che dopo sono accompagnati da sorrisi e buonumore. Insomma una attimo di follia tra risate ripetute.

Il sorriso.
Come accennato, il sorriso è per me imprescindibile. Forse troppo. Sembra talvolta persino a me stesso di non essere in grado di prendere le cose con serietà. Tuttavia la sola cosa che ho imparato è che il più delle volte disperarsi serve solo a perdere l'attimo in cui recuperare il salvabile.
Quindi ampio spazio a sorrisi e buonumore.
Con quest'intenzione di approcciare alla vita fuori di me con accoglienza e speranze vado sereno tra gli altri.


A corollario...
Qui è il guaio: IO so dell'intenzione di perenne facezia, ma gli altri??
Nascono quindi equivoci.
In verità nasce anche il mio costante dubbio di ferire qualcuno, così se all'iperbole e sorriso non segue il sorriso di chi ho di fronte scattano paure e complessi e montagne di scuse per spiegare.
Cosa che rende patetico il divertente: spiegare una battuta rende fallace la battuta e fiacco il comico.

Il significato vero di queste parole nemmeno io lo so. Quello che davvero mi passa per la testa è una lama che collega cuore anima e raziocinio trafiggendoli in una sorta di spiedino doloroso. Mi sono messo pertanto a parlare di maschere, tanto per divagare almeno con la parte più attiva del pensiero.

Forse è solo voglia di sperare che qualcuno mi stia un po' a sentire.
Non so.
Forse è un tentativo di piacere a tutti una volta di più, pascere le grandi insicurezze.

Di certo queste parole mettono nei guai chiunque le legga: ora siete avvisati e dovrete sorridere, quantomeno per compassione, in dietro.

Sorrisi a voi!

sabato 6 giugno 2009

a casa

Per chi lo avesse perso, per chi non sapesse cosa sia Home.

Eccovi il link a youtube dove sarà in streaming per tutta la settimana.


Ti voglio bene Gea!!!!

domenica 11 gennaio 2009

Doverosamente, sebbene trovi vergognoso che solo ora, dopo dieci anni di silenzio quasi plenario, i media cerchino di lavarsi le coscienze con una commemorazione da assoluzione di comitiva.
Bello il servizio di Minoli sul tre a "La storia siamo noi", aveva una marcia in più e una sensibilità affine.



molto sentitamente




Summa de "storia di un impiegato"

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lunedì 27 ottobre 2008

difetti e soddisfazioni

Se c'è da preparare qualcosa, anche uno stupido scherzo, se lo faccio per qualcuno a cui tengo ci metto l'anima.
Di qui un difetto enorme: se sono concentrato tendo a eliminare toni dolci e a diventare suscettibile agli errori. Così mi incavolo come una mina se non riesco a far piegare dello scotch come vorrei o rispondo con tono sgarbato se mi viene tenuto male del cartone.

La cosa mortificante è che se va bene me ne accorgo poco dopo. Altre volte ho offeso persone senza neppure accorgermene.
Chi mi conosce e vuol bene tollera, ma non posso fare a meno di sentirmi in colpa quando ho la sensazione d'aver trattato male immotivatamente.

La controparte però è che la dedizione aiuta anche nelle minchiate... e così vedere arrossire una neo dottoressa di fronte all'ennesimo scatolone misterioso, temendo sia quello il contenitore in cui verranno saldate le promesse, è una gioia notevole.
Sarò uno stupido perditempo, ma dedicare del tempo a un amico mi sembra sempre tempo ben investito.
Peraltro veder coronato un progetto (che magari ha previsto due settimane di lavorazione di cartapesta e cemento... ) rincara la sensazione d'appagamento.


Questo per giustificare e scusarmi. Passato recente o lontano conta poco, ma è giusto si sappia che non è voluto. Forse è anche accettabile così, almeno fin che nel mio essere sgarbato e nevrastenico riesco a ottenere di accendere un fuoco o cucinare per tante persone o improvvisarmi artista...
Sono sbagliato, non lo nego, ma nel mio essere sbagliato riesco a dare il massimo talvolta e questo innesca un dilemma.

"Houston?? Abbiamo un problema..."




Chi invece problemi ne ha avuti parecchi ma è riuscita ad lasciarseli alle spalle con tutto il suo pessimismo è la neodottoressa in questione. Forse la vera soddisfazione è stata vederla ottenere quello in cui non voleva credere nemmeno lei.

Perché riuscire ad attorniare persone molto legate a sé è una virtù preziosa che dimostra che per quanto si cerchi una maschera di bastarda non ci si può disfare di un ripieno cremoso.

Time goes by

sono passati parecchi giorni, il blog non è aggiornato.

sono passati molti giorni, ed il tempo sembra fermato: nulla cambia, niente sembra progredito, mi sento sempre immobile nel mio stallo... vuoto sotto i piedi e sensazione di incombente precipitare...


Eppure sono successe tante cose, tante da non lasciarmi da rifiatare, tante da levarlo persino il fiato.

Così eccomi qui, con una nuova magia in arrivo che mi stravolgerà nuovamente e tanti momenti alle spalle. So di essermi arricchito in moltissimi modi. So di aver trovato nuovamente qualche entusiasmo.

Lo so. Perché so e sento che tutto questo è andato da qualche parte; è li che gira e si nasconde senza ancora saltar fuori. Ma c'è.
Eppure mi sembra di essere ancora a due settimane fa... o a settembre




Vorrei tanto avere un secondo me stesso ce possa restare a contemplare e godere e farsi perfondere d'ogni vissuto. Quando i giorni ti passano attorno e a stento te ne accorgi devi solo sperare di non perdere nella frenesia gli attimi preziosi.

Mi piace essere sovrimpegnato e teso nel dover gestire troppe cose: è una sfida entusiasmante. Ma sarebbe perfetto se le troppe cose andassero a una velocità che permette di apprezzare anche il durante della sfida... che a volte non ricordarsi di guardare le nuvole al mattino o le stelle rientrando a casa, annusando il vento di legna ardente, è perdere qualcosa di molto più importante del resto del giorno

domenica 28 settembre 2008

cogitar solitario

di seguito a ieri. Forse di seguito a un anno fa anche.

Non so...



Periodo strano Settembre, empiricamente considerabile un mese difficile per i sentimenti.

La canzone citata ieri ha un testo che avreste facilmente trovato qui un anno fa. Invece arriva oggi. Forse non è fortuito. Forse, come dice Oogwai "Il caso non esiste" e così mi ritrovo a vedere vissute emozioni che conosco ancora bene.



Perché allora rivangare impressioni vissute, dolorose, e ormai superate, come quelle della canzone di Rhett Miller -Come Around- ????

Semplicemente perché a distanza di un anno dalle stesse identiche precise sensazioni sono ancora qui. La vita è andata avanti e per certi aspetti individuali è persino migliorata.
Ricordo ancora l'abito - non abito con cui crollò il mondo d'intorno.
Beh, francamente sto ripiastrellando il bagno intanto che mi godo il sole in veranda!!! Insomma, è vero. Crolla tutto. Ma si ricostruisce. Piano e con enormi sforzi, che talvolta le macerie sono proprio pesantissime che verrebbe quasi da sedersi e piangere... tutti soli e tinti d'ombra.
Ma anche nel momento più triste e solo, oggi, mi sento di garantire che Va tutto bene, come l'altro giorno.

Perché la vita è una parte magnifica dell'esistenza e non è mai detto che chi chiamiamo attorno in quel momento sia la mezza mela Platonica.
Dovremmo limitarci a prendere coscienza che per quanto "Destinati a vivere da soli per il resto della vita" dovremmo soltanto impegnarci e vivere e con lo scintillio del nostro sorriso (ex fatiscente) continuare a "chiamare attorno".

Se la nostra metà esiste, arriverà.

O non arriverà mai. L'importante è esser stati felici in sua attesa per poterle raccontare buone storie felici. L'importante è riconoscerla se arriverà e non aver preso impegni inscindibili prima di averla trovata.

Per il resto, quando si è soli va tutto bene.
Anche la solitudine, credo,
non è altro che un'aumentata percezione della realtà.

venerdì 22 agosto 2008

sussurri di ferragosto

Siamo niente dal valore del cosmo.


___________



Siamo poco più che frasi sulla battigia

canto di ferragosto sull'essere

Sono nuvola, sono onda, sono lama di vento, stelo di foglia
pregna Selene rischiara la corsa del temporale

Sono roccia e terra, sono pianto di pioggia
fiamme arzille sfiaccolano di lontano; l'ostinatezza del ginepro, la perseveranza del sole

Sono il tutto, sono scampoli di niente
mare caldo, mare mosso: risale il salmastro e volteggia nel vento

Sono scampoli di tutto,
sono tutto nel niente.

giovedì 21 agosto 2008

canto natìo x ferragosto

canto nella mia città
note senza voce
grida gettate nel frastuono
del mare
lacrime affidate
al vento e alla salsedine
vorrei ambizioso* volteggiare
ma a stento riesco
a cadere



*
in originale era "giusto"

Canto ondoso di ferragosto

Seduto sul fragore sopra un dirupo sul mondo la corsa dei cirri lascia sporadici sprazzi di luna a illuminare la corsa delle onde


... solo a un passo dal borgorigmo del mare