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martedì 1 gennaio 2013

daccapo

passa il tempo, inizia un nuovo anno

è tempo di andare avanti con decisione



(Paid in full - Sonata Arctica; testi e musiche di loro proprietà ^_-)




Talvolta la miglior sensazione da cui ci si possa sentir permeati è il senso di rinnovamento, di nuove ricerche e stimoli, che si accompagna alla percezione di aver saldato col passato. Arrivederci e grazie. Abbandonarsi al sentirsi Ispirati.

martedì 4 settembre 2012

ritorni

Ultimamente ho avuto una grande gioia. Si è riaffacciata nella mia vita una persona davvero importante che da almeno un lustro non sentivo più. Una persona con cui eravamo davvero in sintonia.

Ritrovarsi è sempre splendido.

Ho sempre creduto che l'amicizia sia una forma immortale e pura d'amore, in cui i silenzi e le distanze sono solo polvere e ruggine che non possono intaccare il metallo più forte e scintillante. E' questione di ravvivare un poco ma l'energia vitale che questi eventi trasmettono, il sentire immutati la confidenza e l'affetto sono di impareggiabile valore per me. Come se non avessi del tutto sprecato il mio esistere

domenica 2 settembre 2012

propositi di felicità



venerdì 1 giugno 2012

furry


Non sono sempre per le manifestazioni esasperate o le immagini crude e forti, anche se farebbe bene guardarle almeno una volta per prendere coscienza. Ci tengo però a precisare che certe situazioni, certe ideologie, certe azioni, sin dall'adolescenza le risolverei così.
Ormai esistono delle pellicce di puro animale in giro, su quelle povere stupide morti non si può più discutere. Per tutte quelle odierne e a venire non vedo ragione né motivo. Puro e orrendo crimine; crudeltà. Chiunque oggigiorno acquisti della pelliccia non sintetica consapevolmente è complice e criminale tanto quanto chi uccide e chi vende.

Da tempo non sogno altro che l'occasione di replicare questa scena.

Gente, siete avvisati.




mercoledì 30 maggio 2012

fate finta di niente

"... se non son divertente" chiude così un verso d'una canzone dei Timoria.
La frase a dire il vero di quella canzone che più mi piaceva e piace tutt'ora è una domanda: "Cosa c'è, cosa c'è? cosa c'è in una canzone di me? è che c'è è che c'è, è che c'è tanto dentro tanto di me".

Questo per ricordarmi e ricordare a chiunque passi di qua che tutte le parole contenute in questo spazio fantastico, cioè di fantasia dato che non esiste alcunché di tangibile o resistente al tempo di questo blog, è pura memoria virtuale, sono relative a me stesso. Non posso negare una certa soddisfazione nel comprendere che anche altri possano rivedersi od immedesimarsi. Non lo nego, ritengo sia testimonianza di una scelta semantica e lessicale abbastanza valida da trescendere l'individualità. Se qualcuno riesce a immedesimarsi nelle mie parole scritte allora il messaggio è arrivato: è comunicatività.

Per quanto scriva per me stesso non sono così umile da non provare una piccola gioia. Tuttavia le parole se non esplicitamente rimarcato, sono tutte mie, così le idee, così la vita da cui attingo. Forse sono semplicemente una persona fin troppo qualunque.
Sta di fatto che è caso decisamente raro che prenda spunto da vite di terzi senza alcun mio coinvolgimento e solitamente è detto. Quando capita poi è per proporre mie riflessioni.

Insomma, quando leggete qua, se potete lasciatevi cullare o scaraventare dalle parole. Leggete in tutti i possibili livelli di interpretazione che sapete dare. Non scordate però, ve ne prego, che quel che c'è in ogni post è che c'è tanto dentro, tanto, di me.
Siate clementi se v'è arrecata offesa, siate presenti a voi stessi ricordandovi che è della mia esistenza rifiltrata che si parla.



mercoledì 21 settembre 2011

sottintesi e nuvole

Ascolto oggi per la prima volta una canzone dolcissima,

come una carezza tra innamorati. Immagino di star su un manto erboso o su una spiaggia deserta in un soleggiato giorno d'inverno: l'aria tersa, il vento odoroso di salmastro e un senso di pace indefinibile, ma certamente soffice non meno di una nuvola come cuscino per sognare.

Una ninnananna quasi, che sussurra le intenzioni oltre le parole, l'anima su tutto, i dialoghi del cuore: "laddove le parole non sono chiare il cuore saprà intendere ogni singolo bacio" potrei parafrasare. Trovare qualcuno di speciale tra le innumerevoli persone di cui non ci si può fidare. Quasi un "Almeno tu nell'universo" della compianta Mia Martini.

Non bastasse il titolo è già per me evocativo e adorabile: danzare sotto la pioggia è il solo momento per me in cui ballare. Incuranti del tutto godere della piena libertà tra le lacrime del cielo, assaporare un istante in cui incontrando le gocce si può provare la consistenza intorno a noi. L'aria è palpabile e l'acqua ci scivola lungo il corpo scavando, mescolandosi, fondendosi. Se si ha qualcuno con cui ballare sotto la pioggia si può vivere un momento bellissimo. Un frammento di gioia.

Chiudi gli occhi, segui i suoni, danza il frastuono della pioggia nel suo ritmo incalzante, rintoccante. Spalanca la vista e godi il mondo fra le gocce, ubriacati.
E' permearsi nella vita che ci circonda, è affidarsi ai linguaggi più spontanei e sinceri, quelli dell'anima e del corpo.
Vivi, trasmetti, percepisci. Al di là delle parole.

Intesa.

giovedì 23 giugno 2011

analisi del testo

E' tempo di maturità. Mi cimento molto scherzosamente, anzi per nulla, in una analisi di testo.
Dico per nulla perché non ho la minima intenzione di far scansioni metriche o studio delle figure retoriche. Mi hanno fatto conoscere una canzone e nei giorni e nei riascolti più pensieri si sono assiepati nella mia mente. Voglio condividerli, sperando un giorno di rileggerli trovandomi cresciuto.



(I diritti relativi alla canzone sono come sempre di Daniele Silvestri e dell'etichetta che li ha prodotti. Per le canzoni di Guccini e dei Mao diritti loro)



Se sarebbe facile vederci altre persone elevandosi a giudici, io mi sono trovato in una situazione scismatica.
Credo la prima parte rifletta molto bene alcune persone, me compreso.

"Quello che faccio e che continuo a difendere" esiste eccome. Dietro le scuse che spesso poniamo quando con altri non c'è solo sicurezza delle scelte, ma anche tutelarsi dalle critiche. Ci si racconta che i propri gesti siano quelli giusti, quelli a cui dare ragione. Talvolta si perde fette di razionalità lungo la via e ci si impantana...

Nota molto vicina, ancora, è poi
"non ti fidi di niente, neanche di me"; mi sono rivelato un discreto misantropo negli ultimi anni e soprattutto nelle relazioni ho serrato nel profondo la capacità di fidarmi, cedere le armi e abbandonarmi. Le ferite subite ogni volta che l'ho fatto mi hanno reso perennemente dubbioso e diffidente. I risultati non sono poi stati gran che: ho finito col ferire, col non vivere appieno.


"Non funzionerà mai
se non funziona così com'è
e non migliorerai
se ti ostini ad attendere
come acqua stagnante
non c'è nessuna corrente
dentro di te
(e non ti puoi nascondere)"

Sono parole che mi sono sentito rivolgere, sebbene in parafrasi, neanche troppo tempo fa.
Ma interrogativi me ne pongo eccome: Se non funziona così com'é non servirebbe almeno un tentativo per cambiare? e soprattutto così com'è è veritiero o è una fase? Mi sembra semplicistico...
Devo invece amaramente concordare che di corrente in me ce n'è poca e se c'è é comunque alternata. Mi lancio solo in determinati progetti o momenti ma tralascio il tutto; in certe cose non ho minimamente slanci od entusiasmi.
Dovrei senza dubbio imparare a rendermi attivo, non affidarmi ad attese o correnti.
Va da sé che questa è una frase valida verso molti individui se slegata: qualunque convinzione inamovibile è criticabile. Così chi si sente nel giusto di una scelta e confida di star agendo bene si affida parimenti ad una corrente inesistente.

Di certo tutta questa prima parte la troverei una insopportabile lettera d'addio, un po' come anche "Vedi Cara" di Guccini in cui si respira un senso di ineluttabilità, di irrimediabilità piovuta dall'alto che di tutto parla men che d'amore. Sarebbe invece bello fosse lo spunto per far ripartire, per smuovere dalla attesa stagnante.

Ancora, mi vien da pensare, buffo, che magari si può definire stagnante chi stagnante non lo è in molti campi e si attarda su altri poiché solo quelli si vedono (o vogliono vedere). E così più stagni criticano un altro stagno. Patetico...
Umano.

Poi però cambia tutto:

"E complimenti mi hai convinto che l'amore non basta
e così non mi resta
che lasciarti stare
senza nessuno che ti giudica nessuno, intendo, che ti sgrida e si preoccupa.
Sarà senz'altro
tutto molto più leggero,
ma sei sicuro che sia meglio
per davvero?"


Qui inizia il dissenso.
"L'amore non basta": se si pensa questo è fallito tutto.
Dico questo pensando che amare sia qualcosa di talmente disponibile a dare e ad attendere che possa essere sufficiente. Tutto quel che serve in una relazione quando manca l'amore, parlarsi, ascoltarsi, cercarsi, scegliersi, sacrificarsi alle volte, congiungersi, etc. non è altro che ciò che l'amore ha implicito in sè. L'amore basta eccome. Il guaio è che prima o poi tutti se ne abusa in termini e si finisce col dirlo quando non è autentico. L'amore non basta quando non c'è (simultaneamente dalle due parti in causa). Diciamola tutta.


"così non mi resta
che lasciarti stare
senza nessuno che ti giudica nessuno, intendo, che ti sgrida e si preoccupa."

Come si può non vederne la valenza? come si può protestare perché c'è chi si vuol curare di te? Almeno apprezzare, dico, dovrebbe essere il minimo. E' la parte amicale della coppia, in parte. Voler accudire, voler anche solo sapere un domani cosa capiti all'altro. Ripudiarlo è come il senso di indipendenza adolescenziale; infantile imposizione di distacco.

L'interrogativo sul
"sia meglio per davvero?" lo intendo come retorico e passo subito al punto nodale


"Volevo esserti di peso,
perché dipendo da te."

No. No, cazzo. Mai creduto nella totale e cieca dipendenza. Sentirsi satellite ok, ma solo per reciproca attrazione gravitazionale. Così come il pesare regge solo se inteso come "far sentire la propria presenza", altrimenti non mi identifico.
Non si deve pesare; è lieve il tocco di un compagno. Sempre là ma mai a gravare, a imporre scelte, a pesare.

Come nel tango: si cede il peso, si guida e si inventa ma si volteggia in coppia.

Poi, peggio ancora è il voler pesare! naaaah...

Certo, va concessa un'altra interpretazione, ove pesare non è altro che restituire la dipendenza e l'attrazioen; quanto maggiore si sente la necessità di scambio con qualcuno quanto più lo scambio viene offerto. Legge per me verificata e condivisibile, dunque. Ma non la esprimerei mai con un "esser di peso", anche se immaginando la canzone biografica è plausibile fosse l'accusa riportata per citazione.
Stessa cosa per la dipendenza. Ho già scritto tempo addietro su come il dire "sei tutto il mio mondo, la mia vita" vada preso alla lontana: la vita continua, si ride si scherza si vive. Solo che non c'è l'incanto. L'amore è un incanto. Dipendere da un incanto è una malìa e come per ogni assuefazione, esiste una cura per sciogliere la dipendenza. E' bello uguale? No. Si può vivere ugualmente? certo.


Sintesi: una canzone che dovrebbe far notare le lacune altrui si dimostra spunto di profonda autoanalisi, riprova che non esiste mai una ragione univoca. Spesso non si è disposti a mediare, attendere, ascoltare in campo affettivo, mentre talvolta bisognerebbe mettersi in gioco fino all'ultimo ché farsi la doccia all'intervallo non è il caso neanche per gli infortunati.
L'ideale sarebbe che non scegliesse mai un altro per noi ma che si scegliesse assieme.
In due la dipendenza dovrebbe più essere un ruotarsi attorno attraendosi costantemente lasciando ai momenti difficili il compito di industriarsi, cercando e ricordandosi però che si è in due nel gioco e se uno si addentra nel bosco l'altro lo aspetta con una lanterna per indicare il cammino.
Perché l'amore perfettamente ad incastro che piomba dal cielo esiste per i romanzi. Il resto, perché la vita sia un po' un telefilm, é nel lavorare perché ci assomigli.

mercoledì 1 giugno 2011

ha un senso questo post?

Eccomi qui. Ancora qui a riguardare dentro ancora una volta. Ammiro quasi il tempo trascorso, le trasformazioni ed il susseguirsi di cicli invece praticamente identici.

Sensazioni che una canzone mi sembra rispecchiare piuttosto bene. Certo, senza cellulite. Lei è Noemi (diritti della canzone suoi e degli aventi i diritti), voce per me molto piacevole emersa da X-factor, il titolo è "vuoto a perdere": nessuna spiegazione aggiuntiva necessaria, direi.



Anche per me i cambiamenti sono stati impercettibili: anni a sentire di aver buttato quegli anni che trascorrevano in cose insulse, di non aver vissuto. Certo, alcune barriere han fatto sì che non mi permettessi di vivere certe cose appieno. Ho seguito mille sogni ed attività appresso alla forse illusoria credenza che "se non puoi essere il migliore in un singolo campo puoi almeno riuscire ad essere poliedrico abbastanza da portare avanti più cambi, così da avere più storie da raccontare". Ho inseguito l'amore, anche. L'amore romantico della persona ideale, ma anche l'amore come principio fondante legami: amici, parenti, compagne. Ho sempre cercato di intrecciare la mia vita con chi poteva avere un ruolo in essa, anche marginale.
Magari così facendo ho speso molte energie con chi non meritava e dato meno a chi invece avrebbe meritato tutto e di più. Ma oggi sono consapevole di saper provare affetto, di saperlo donare senza grandi pretese in cambio, di avere un cuore abbastanza grande da saper abbracciare parecchie persone e fronteggiare la delusione di chi quei legami non capisce o non apprezza il senso.

E' passato il tempo, mi sento ancora un vuoto a perdere: mille progetti e sogni in testa, quasi niente di concreto in mano... i capelli sono senza e la pancia è triplicata...
Mi trovo spesso a pensare di aver fatto tutto questo per niente. Anche io. Sono arrivato a chi sono senza realizzarlo, trovando solo autocoscienza del punto d'arrivo e vaghi ricordi del cammino. Però credo che se sono ancora qui a non accontentarmi, a non arrendermi di diventare migliore, a non asserragliarmi dietro la facile scusa del "io sono così prendere o lasciare", forse un pochino sono divenuto chi volevo. Perlomeno non ho tradito completamente il cammino.
Avrei voluto fare alcune cose diversamente? credo di sì, ma ancora mi alzo la mattina e quando mi incrocio allo specchio non provo disgusto. Non sono fiero, ma almeno riesco a guardarmi ancora negli occhi.
Resto in balia di me stesso. Resta il senso di melma densa e torbida nel profondo. Resto qualcuno che non si concentra sul suo proprio colore e che gli altri si adattino. Resto un imbranato e un pessimo ascoltatore. Sono diventato misantropo e schivo, timoroso di tutto e pieno di preoccupazioni... ho perso slanci ed entusiasmi verso il quotidiano come per le novità. Il tempo ha cambiato le persone, me per primo ed una parte di me rimane un fottuto straccio liso e privo d'utilizzo per qualcuno.

Eppure c'é una parte in cui non mi ritrovo:
" Ma non mi fermo più
a cercare qualcosa
qualche cosa di più
che alla fine poi
ti tocca ripagare"

... qualcosa in cui non mi do per vinto. Nonostante tutto io mi fermo ancora a cercare qualcosa, quel qualcosa che se va storta dovrai pagare un conto salato. Non ho intenzione di smettere di emozionarmi per i colori di un fiore rampicante su un muro che compare d'improvviso da un angolo. Voglio continuare a cercare e sognare. Voglio provare a non fermarmi, a ricominciare ogni volta.

Mi sento un vuoto a perdere, un fallito, un gatto randagio. A volte nelle intemperie a schivar macchine in corsa a notte fonda, talvolta nell'alto di una legnaia a graffiar chi prova a prendermi o curarmi.
Sto continuando in un susseguirsi di niente in cui perdermi e sperdermi. Forse non ne uscirò mai.
La sola novità è la consapevolezza di tutto questo e la volontà di andare comunque a testa alta. Non voglio pensare a un secondo tempo, a gestire il punteggio: voglio giocare divertendomi e dando tutto quel che ho, fino alla fine. Ché nessuno che assista alla partita possa mai dire che non metto l'anima in ogni palla giocata.

mercoledì 25 maggio 2011

compagna

come sempre in questi casi prima caricare poi leggere. Einaudi è il pianista che suona la melodia che vi cullerà come vento tra le parole, spero. I diritti musicali appartngono a lui e alla sua casa discografica. Le immagini sono di chi le ha scattate.

Parole mie.
Più una richiesta che una dedica forse è quel che segue, o forse solo una grande illusione o un mio stupido modo di vedere l'amore...





portami con te, nei gesti quotidiani, nelle movenze...

Scosti le coperte e scendi dal letto. Ti vedo bere il caffé e mangiare qualcosa in fretta con già il pensiero ad uscire per andare a lavoro ma lacalma del giorno che nasce e i tuoi passi cominciano danzare su esso. Movimenti via via più fluidi.
Sono accanto a te mentre prendi lo spazzolino e ti lavi. Ti sorrido da un angolo, dietro una spalla, appena oltre la visuale della coda dell'occhio: angolo morto, i miei occhi traboccano affetto.

Portami con te, nei gesti quotidiani, nelle movenze...

Via verso gli impegni della giornata. La borsa a tracolla infilata quasi trafelata, che la giacca non sempre è sotto.
Poi il lavoro, l'eleganza delle tue mani che s'intrecciano sicure nello scorrere delle ore. Le pause caffé, i sorrisi, le litigate e i momenti bui.
Tutto si sussegue ed io con te col mento che sfiora una spalla mentre il naso spunta accanto all'orecchio.
Lascia che assapori il profumo dei tuoi capelli, pensami lì e lascia che ti rallenti un istante; quasi un bimbo nell'età dei perché incuriosito anche dai gesti più elementari.

Portami con te, nei gesti quotidiani, nelle movenze...

Esci, inspiri e guardi il cielo. La stanchezza certi giorni sa farsi da parte se c'è il colore giusto lassù, magari riesci a distrarti appresso a una nuvola, un piccione che plana da un cornicione.
Verso casa, verso sera, verso la frenesia del traffico per tornare alla quiete. Sono i passi al tuo fianco, ti sorrido da uno specchietto retrovisore o dal marciapiede sull'altro lato della strada. Sempre lì.

Guidami senza paura e racconta. Vivi ogni gesto e pensami, io sarò lì a guardarti ancora con orgoglio e gioia, dolcezza senza fine: "non preoccuparti, va tutto bene".





Portami con te, nei gesti quotidiani, nelle movenze...

Eccoci è sera e ancora non mi stanco di te. Mi racconti i fatti raccolti nel giorno ma io ero lì con te. Sentirli è la materializzazione visiva di quanto il mio spirito abbia supportato tutto il giorno. Semplicemente.
Ancora un'altra sera ci ritroviamo. Magari distanti, solo parole tra noi. Ma il giorno non è stato vano: eravamo noi, anche nelle inezie. A noi torniamo coi nostri vissuti; in due, comunque.


Portami con te, nei gesti quotidiani, nelle movenze...

Io farò lo stesso con te. Saremo in due. Nessuno sarà solo. Mai.

lunedì 23 maggio 2011

occhi alla finestra

Verso il niente e verso tutto. Guardo oltre le lame trasverse delle persiane il cielo quasi estivo stemperarsi in un grigiore innaturale.
Oggi cade l'anniversario della strage di Capaci.
Come ogni anno rifletto sugli eroi e sull'eroismo. Cosa è e dove si nasconde l'eroismo?
Eroe dovrebbe essere non solo chi combatte i soprusi, ma chi mette a rischio la sua vita per qualcuno o qualcosa solo perché è giusto così, senza altri interessi.

E' eroico chi non cede alle disgrazie e trova modo di tirare avanti, facendosi anche carico della famiglia che ha creato, senza scappare; è ancor più eroico chi s'immola per ideali o per sconosciuti. Diceva sempre Faletti ma in una canzone antecedente "gli eroi son tutti morti, meno che nei discorsi". Ecco, guardo al cielo cercando di scorgere un mantello al vento o forse solamente una bandiera garrire al vento come un simbolo in cui credere e che si è orgogliosi di onorare non solo alle feste laiche comandate, ottima scusa per saltar scuola o lavoro.

In questo paese non riesco a intravedere neppure la speranza che un giorno tutto torni ad andare nel verso giusto. Non solo i pochi eroi in cui credere sono morti, ma anche l'eroismo sta svanendo. Il massimo degli esempi di virtù saran presto veline e tronisti, che almeno non sono Escort e addirittura a volte parlano (leggasi una mia personale polemica alla campagna di Ricci per eliminare ogni critico del fenomeno valletta - oca).

Non basta, "chi c'ammazza prende di più della brava gente". Ma chi è la brava gente? Chi si spacca le mani le spalle o il cervello per portare a casa due onorati euro? O ormai chi dovrebbe essere la "brava gente" che guida con un ideale e caparbietà un paese tende sempre più ad essere sovrapponibile a "chi ammazza"?

Sta venendo meno il confine tra bene e male, tra legittimo ed illegittimo. E' la desolante morte della fiducia e della speranza.
Noi qui, popolo di ignavi che non desidera altro che non aver problemi e che qualcuno scelga al posto nostro purché ci lascino il nostro muro di casa intonso, a guardare il cielo grigio alla finestra. Guardiamo fuori disillusi che V for Vendetta sia solo una storia e che un finale che sovverta il Fato sia pura fantasia.
Servirebbero dannatamente degli eroi qua, una volta ritrovata l'umanità.



Una lacrima per chi ha dato la vita per ricordare che non si deve smettere di lottare e sperare.

"Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola"G.Falcone

venerdì 20 maggio 2011

ovvietà?

Non molti anni fa Lorenzo - Jovanotti - Cherubini scrisse una canzone a mio dire abbastanza gradevole: fango.

Ora, una riflessione che questa canzone mi ha sempre suscitato di primo acchito è questa: "Io lo so che non sono solo anche quando sono solo"??? "mi fondo con il cielo e con il fango"?? - ma quale inumana caterva di ovvietà è mai questa?!? Ovvio che la vita segue il fluire secondo il micro e macrocosmo, ovvio che tutto sia energia e divenire e, pertanto, non si sia soli! -

Questo pensavo. Poi ho realizzato che in fondo ciò che per me è scontato, come la parzile decussazione delle fibre dei nervi ottici prima di sinaptare a livello occipitale, per altri potrebbe non esserlo. Di qui ecco la stima. La capacità di trasmettere su vasta scala concetti quasi ovvi in guisa altamente comprensebile anche per chi sembra più prossimo al torsolo di mela che all'homo sapiens sapiens è virtù propria dei grandi comunicatori.
Cherubini è secondo un grande comunicatore, fin che si tratta di tematiche diverse dall'amore. La capacità di raccontare la poesia di una città deserta una notte d'agosto tinta dalla nostalgia, di spiegare la relatività, spiegare l'unitarietà del globo terracqueo al di là di ogni colore o religione... nulla da eccepire, anzi, forse solo tanto da invidiare e stimare.
Far capire alle persone l'importanza del sentire! magnifico! servono canzoni simili, serve non far sentire solo chi sa sentire e cerca di erudire gli altri, serve cercare di migliorare questo mondo.


Tuttavia quanto detto secondo me svanisce quanto più si incaponisce a cantare d'amore. Non saprei ipotizzare un motivo, ma ad ogni nuova canzone il livello di esemplificazione e semplificazione del sentimento scivola sempre più in qualcosa di quasi scontato, banale. Quando con "per te" era riuscito a cantare lo stupore di un padre alla figlia ero rimasto incantato. Ma quando la tematica dell'amore di coppia ha preso il sopravvento è stato un dramma. La grande semplicità con cui delinea pensieri e situazioni funziona fin che c'è da spiegare qualcosa di ostico agli altri, di distante. Quando si tratta di confrontarsi con la tematica più conosciuta (tutti o quasi almeno una volta si sono sentiti innamorati e hanno provato a esprimerlo con una poesiola o una canzone) e cantata (da lirici musici e cantori, nonché artisti d'ogni risma) la semplificazione scade nel già sentito o, peggio, nel già pensato. Finisce lo stupore, svanisce la magia.

Nonostante il mercato probabilmente richieda per radio più banalità d'amore che non pezzi che trasudino vita, mi auguro presto di poter rimanere di nuovo stupito da ritornelli come "mia madre se contasse bene i panni che ha lavato probabilmente vestirebbe il mondo" ugualmente banali, molto più potenti.



(testi e musiche dei link appartengono a chi di dovere, cioè l'autore originale; le parole scritte sono mie)

giovedì 19 maggio 2011

checcosss'è uno vet?!?

Il titolo per favore leggetelo come sull'andare della amabile canzone di Vinicio Capossela. Puramente tributo e voglia di riascoltarla. Approfittatene anche voi: a volte fa bene.

Oggi vorrei provare a fare il punto su una serie di situazioni che coinvoilgono i veterinari, nelle varie forme.
La medicina ed il sovrannumero hanno fatto sì che anche in campo di animali d'affezione o meno il progresso medico divenisse disponibile. Da medico di base per più specie e polispecialista (un tempo non c'erano molti specialisti) alcuni sono divenuti esperti monotematici. Talvolta a discapito della visione d'insieme tal'altra no, ma sempre con miglioramenti nel singolo campo. Questa è fortuna, così come la disponibilità di numerosi test ed analisi per provare una diagnosi o di cure fattibili.

Sorvolando ancora per un po' sui superspecialisti, vorrei pensare al medico veterinario di base in Italia. Qui non c'è una mutua che copra gli animali. I pets sono un bene di lusso fiscalmente e pertanto se si vuole curarli ci se ne deve far carico. Il fisco aiuta poco anche per quel che si può scaricare, con tetti minimi alti e massimi decisamente bassi. Ogni analisi, o indagine, ha un costo. I medicinali poi per animali hanno un costo molto maggiore se registrati per veterinaria rispetto all'identico analogo umano (senza nemmeno mutua in ballo).

Insomma, come si fa a "fare tutto il possibile" se una TC per levarsi un dubbio costa quasi 500 euro ed il proprietario neanche può pagare la visita di base? Quasi sempre si è costretti a mediare, a restringere bene il campo e diagnosticare bene clinicamente così da poter poi mirare indagini e spese. Pochissimi sembrano quelli, tra i clienti, a capire quale sforzo enorme (umanamente) ci sia dietro. Rimuginare, analizzare, riflettere e rianalizzare ancora cercando di non scordare neppure una virgola nel ragionamento; intanto prendere già provvedimenti ed iniziare a stabilizzare... si cerca col sacrificio e sforzandosi di integrare e implementare con la propria persona quello cui per meri motivi di danaro non si può ricorrere da subito.

Questa non è un'ode e non deve minimamente far pensare che lo specialista non serva, anzi! Tuttavia vorrebbe offrire spunti di riflessione per capire che se tutti i veterinari avessero a disposizione fondi da assicurazioni e strumentazioni all'avanguardia come nei telefilm americani sui medici, sarebbero ben felici ed entusiasti di usarli. Tutto sarebbe più semplice ed immediato. Eppure ci sono figure che con poche indagini mirate e tanto impegno riescono ad ottenere risultati in tempi che a volte nemmeno in umana (per noi è normale un'aspettativa di mesi per una RX, salvo prontosoccorso, ma ci infuriamo se il veterinario non la fa espressa).

"E' facile fà Rambo co' n'arsenale... Essì Rambo co' 'na fionna e allora sì che c'hai le palle!"

martedì 17 maggio 2011

storie

intendo relazioni, ovviamente.

Quasi tutte nel corso di una vita finiscono. Per i più fortunati, sentimen talmente parlando, l'ultima finirà per causa naturale temporale.

Ci sono storie che non dovrebbero iniziare, altre il cui vero tempo di vita sono sei ore. Ci sono storie che stentano per mesi o anni, senza il coraggio di chiuderle o per l'imprudenza di tenere la porta sempre socchiusa.
Certe storie finiscono tragicamente, tra ferite e insofferenza. Altre storie finiscono bruscamente e senza volontà, e sono quell che più straziano forse.
Alcune storie poi finiscono quando si ha ancora la sensazione che il meglio abbia ancora da venire.

E poi ci sono storie in cui il meglio non arriva, perché ogni giorno è reso migliore ed il meglio è la visione d'insieme, quando scorri la pellicola e tra lacrime e sussulti sorridi di cuore. Ecco, se non potete tenervela stretta, almeno siate grati a quella relazione e fin che invece non ne avete vissuta una così non sentitevi appagati.

A volte si può scoprire che invece di un incendio dilagante non si desidera altro che un fuoco da accudire in due che ci scaldi per l'eternità; in fondo basterà qualche sforzo per aggiungere legna per far divampare e crescere più brillante la fiamma!

giovedì 12 maggio 2011

vivere le cose

E' stato un mio problema negli ultimi anni. Ultimi: se un terzo del vissuto vale come "ultimi" come fosse poca cosa, allora Sì, ultimi anni.

I motivi, le scuse, possono essere davvero disparati. La validità sta all'uditore - lettore ed al protagonista.
Fidanzate gelose e possessive che hanno limitato le possibilità d'interazione facendo leva su senso di colpa ed amore (quando ancora non avevo del tutto chiaro chi davvero volessi al fianco); esperienze luttuose da adolescente e poi più tardi; una professione ed interessi specifici in essa che portano alla freddezza e al distacco; una tendenza innata a volte al misantropismo; il senso di inadeguatezza; la pratica della scherma, alla ricerca vana della lucidità sotto adrenalina; le grandi insoddisfazioni ed i mille pensieri da cui non so staccare la spina; molte, moltissime altre situazioni e persone potrei tirare in ballo.

Credo che, se non tutte, almeno alcune siano qualcosa di più che scuse poiché ferite profonde rimediate in un vissuto autentico. Pochi ne conoscono i risvolti appieno perché ognuna è conservata nella memoria in scatoloni identici e privi di numero in una sorta di hangar dell'area51 mentale.

Di certo però ho la colpa di essermici adagiato. Ho usato validi motivi per poi non cercare di recuperare. Avevo postato zeta reticoli tempo fa con la convinzione che prima o poi con lo slancio serbato avrei spiccato un salto tanto ampio da sembrare un volo.
Non è andata proprio così. tutt'ora è raro riesca davvero a lasciarmi andare: ogni tanto la mia attenzione crolla drammaticamente, talvolta sono ipervigile e guardingo, talvolta mi assorgo nel flusso della mia fantasia. Risvolto drammatico è il non godere, perdersi momenti, emozioni condivise, persone. In questi giorni ne ho dovuto prendere atto. Drammaticamente.

Ho motivazioni scientifiche anche per spiegare razionalmente questi cali di tensione, queste voragini mnemoniche e d'interazione. Serve a poco perdercisi attorno però. Il fulcro (intanto io leggerei ascoltando questa melodia triste *) è che mi sono lasciato scivolare tra le dita istanti preziosi ed un domani mancheranno all'appello tanti possibili sorrisi non vissuti. E' una grande ammissione di fallimento. Ho scritto spesso a tal proposito, segno evidente di una coscienza del problema. Però la volontà di modificare tutto questo non è mai stata messa in pratica.
Complici le tante cose ancora da concludere, in vergognoso ritardo, mi sono autoescluso dalla vita.
Cretino, infinitamente cretino. Anche saggio tuttavia: chi mette il cuore nelle relazioni interpersonali ogni volta che può si espone a ferite che a volte neanche si rimarginano. Nel tempo acquisire palizzate e difese è più istinto di sopravvivenza che volontarietà. La mia è diventata un restare guardingo, cosa forse non troppo inimmaginabile per chi s'è tante volte sentito un gatto randagio. Anche facendo le fusa le orecchie restan tese ed i muscoli nevrili, pronti.

(cambiamo toni)
Non so quanto queste confessioni portino a qualcosa. Di certo in me qualcosa sta ancora mutando e il rimpianto degli anni persi si sta trasformando in voglia di afferrare di nuovo il mio tempo, i miei giorni, godendoli appieno o per lo meno godendoli.

Nell'ultimo anno e mezzo ho attraversato fasi distanti tra loro ma entrambe formative: dall'abbandono inerte della depressione alle mille attività con cui ne sono un po' uscito; un nuovo, vecchio, luogo; progetti e voglia di fare anche se altalenante, data l'ingenza della carne messa sulla graticola.
Sono rimasto in dietro. Innegabile. Eppure di cose ne ho fatte ed anche se talvolta mi estraneo e non vivo, di individui, momenti, ne ho vissuti eccome. Non credo sia un peccato tanto grave essermi difeso un po'... in fondo anche molti combattenti restan con la guardia alta anche a misura di sicurezza.
Per altro, ho appena trent'anni. Se per molti sono una soglia da varcare mettendo giù piani e progetti per il domani, cosa che per certi versi condivido ed invidio, credo che non sia così deprecabile essere, o almeno sentirsi, un individuo totipotente ed in divenire.
Sto cominciando ora ad incarnare l'uomo che vedevo in sogni dal divenire. Forse non esattamente lo stesso, ma certamente sto mutando; pian piano.
Non credo non vivrò più le cose. Penso piuttosto che per potermi lasciare andare a vivere momenti miei e di svago fosse prima necessario mi dimostrassi di essere davvero in grado di gestire e riuscire in quello che un domani sarà il mio quotidiano, la mia vita, gli impegni, il "devo".

Forse per riprendere a vivere serviva qualcuno che me lo facesse notare e serve qualcuno che abbia la pazienza di vedere che uomo diverrò e la voglia di contagiarmi, di prendermi la zampa senza farmi tendere (resto un gattaccio bastardo, diamine!) e farmi riscoprire quante cose ci siano da vivere oltre a quelle da cui ogni tanto mi lascio incantare per poi raccontarle in emozioni e sorrisi a chi con me ha gioia nel dividere schegge d'anima.
Magari ho perso il tempo per molti salti, abbandonandomi ad osservare il paesaggio dal dirupo a picco. Ma un giorno anche io fenderò il vento con le dita e il viso, da uomo. Divenuto. Brindando verso l'orizzonte a chi mi avrà voluto e saputo aspettare e si troverà a volteggiare con me nel domani.





PS: se controllate dicembre 2010 nei prossimi giorni troverete a pubblicazione posticipata i racconti di un viaggio e di un vissuto per me molto importanti, eventualmente, buona lettura!





* nota: in alternativa guardate questa versione in cui vi supplico di apprezzare gli arbre magique aggiunti digitalmente che frantumano la drammaticità del pezzo suscitando ylarità smodata

mercoledì 11 maggio 2011

intese

domenica mi son rotto una mano. Scriverò semmai in là nel tempo di quali pensieri cupi possa portare l'aver fuori uso la mano dominante.

Ascolto consigliato: queen e him

Oggi, con così tanto tempo a disposizione per guardarmi l'ombelico, ho pensato ad altro. Rifletto molto su come una coppia funzioni: minuscole intese che son come ingranaggi di un mastodontico orologio...

La cosa che mi chiedo è: è necessario che siano complicità innate, modi perfettamente incastrabili da subito, oppure è frutto di cesello, pazienza???

Dopo così tanti anni a cercar di vivere ogni sentimento, di rinunciare in alcuni casi all'orgoglio e arrivare allo sfinimento della storia o di scelte mature volte a preservare persone e curarle, penso di poter dire d'essermi fatto un'idea.

Complici bisogna esserlo. Sentirsi coppia è fattore fondamentale per stare assieme; "esser in due a combattere mano nella mano tra il vento avverso e i timori e le difficoltà, in due" mi disse anni addietro una persona ancora oggi importante e dolcemente ricordata. Concordo e condivido. Bisogna scegliersi ogni giorno.
Ma gli incastri, la comprensione, le scelte, l'intuire i bisogni dell'altro... quelle non sono frutto dell'empatia o del compagno da sogno e miracoloso. Se capita di trovare chi faccia la cosa giusta all'inizio è fortuna, caso fortuito e forse non è nemmeno il massimo desiderabile per me. Sto cominciando a capire che chi apprezzo di più è chi si sforza ogni giorno di conoscere chi ha accanto. Scoprire da racconti sorrisi e malumori anche quotidiani cosa sia a perturbare l'anima dell'individuo che scegliamo per compagno.
L'intesa si costruisce.
Se non dovesse andare si potrebbe sempre dire di aver provato ed in tal caso si sarebbe conosciuta a fondo una persona. Se si crede in un "noi" forse si dovrebbe aver la pazienza di scoprirsi poco alla volta, stringendo i denti nei momenti "No" e cercando di capire perché siano tali; come sarebbero se non ci fossimo noi a renderli tollerabili anziché frustranti. Abbiamo davvero la certezza che a volte un partner stanco e scontroso lo sia per colpa nostra e che non sarebbe invece di umore peggiore senza noi???
Non credo. Non se non dopo anni e anni.
Non basta un'infatuazione per farsi capire da un altra persona, talvolta non bastano mesi e neppure anni.

Serve ascoltare. Con voglia. E volontà di darsi, anche. Senza pretese, senza aspettative: amare come gioia di dare; amare come bramosia di conoscenza. Allora si può giungere ad intese e sfumature in cui può bastare uno strumento suonato o un gesto da niente per risollevare il morale.

Non basterebbe aver visto in due una puntata di Big Bang Theory per sapere cosa cantare in un ospedale per strappare un sorriso e rendere serena una persona, servirebbe aver compreso la valenza di "soft kitty" per il partner, aver inteso o conosciuto la reciproca solitudine.


Auguro a chiunque legga di incontrare una persona che abbia la voglia più bella da desiderare: la voglia di aspettare i momenti per raccontarsi e la voglia di sentire quei momenti. Buone intese a tutti voi. Abbiate cura di chi vi è accanto e ascoltatelo quando ne avrete occasione. Quando sembrerà non funzionare aspettate che passi e pian piano indagate, cercando di aiutare. Se è amore davvero si confiderà e aspetterà i vostri tempi se davvero amate capirete e tutto troverà opzioni risolutive. Allora e solo allora avrete costruito un'intesa: superando e resistendo alle intemperie della vita, senza accuse. Buoni sogni d'amore!!!!

Ecco ancora un po' di buoni consigli. (ovviamente i diritti di musiche e video sono di chi originariamente li detiene; le parole sono mie)



nota: Il monologo è in italiano perché molto più d'impatto che non in originale (IMHO)

Un ultimo consiglio: se vi servirà prendete tempo, ma non siate mai frettolosi né crudeli a concludere una storia d'amore, le sensazioni più belle potrebbero essere quelle ancora da venire.

domenica 24 aprile 2011

schiaffi e carezze

Vecchia d'un anno ed incompleta. Senza riletture o filtri. Manca un conclusione, che nemmeno ora riesco a trovare, credo. Mi pare un pensiero che non è tuttavia mutato nel tempo, quindi lo rendo visibile; ricordando che due individui divengono 1 coppia quando e fin che si tratta di 1 sinergismo.


--- Riascoltando una vecchia canzone dei Guano Apes rifletto su storie che finiscono, sul potere che talvolta ha l'amore di indurre una grave cecità...



Passi come "healing my wounds" ricordano quanto facilmente si vada in sollucchero, di come l'aria soltanto sembri frizzante, quasi elettrica... bere una coca appena stappata di gran carriera: identica eccitazione nel naso che sovrasta il respiro.

Poi vertiginosi picchi in basso, come in "why don't you close the door when you're here with me": ci si immagina perfetti ed armonici, ci si sente incastrati bene e rodati. Un solo istante di lucidità basta a far capire quanto distanti siano piccole cose essenziali. Quando la naturalezza di certi gesti collima nei desideri altrui e quando invece sono proprio le sfumature a renderci distanti. Eppure da innamorati è quasi impossibile accorgersene.

Come fa raccontare ad un suo personaggio Kovalic in una sua striscia: "Quante persone che non si vorrebbero far vedere col vestito o nel luogo sbagliati stanno per anni con la persona sbagliata..." Ecco, l'amore è una cosa meravigliosa, altre volte è una patologia e servono lucidità e risolutezza senza pari per uscirne.
Alcune volte invece ci si fissa su alcuni punti tralasciando le unioni d'anima di fondo.
Tuttavia...

Talvolta ci si vede più perfetti ed ingranati di quanto non si sia.


Per come la vedo, spesso una relazione è una sommatoria di compromessi vicendevoli. L'amore trascende la componente propria della domanda e lascia senza registro di cassa l'offerta. In una ottica di bilancia con piatti da due parti, servono emotività molto simili per andare all'equilibrio.

giovedì 7 aprile 2011

medaglia

Ecco, oggi dovrei festeggiare un traguardo. Almeno questo è quello che mi dice la maggior parte di chi mi circonda, come se ci fosse uno striscione domattina appena varcato il portone con su scritto distanze percorse e mancanti, come una maratona. Probabilmente è un traguardo, giustamente, per chi ha tenuto un buon passo e col suo ritmo è già arrivato là dove si era prefisso.
Io no.
Ho preso percorsi alternativi, ho indugiato, mi sono incaponito, mi sono fermato a contemplare, ho sbagliato. Molte volte ho sbagliato. Se sono ciò che sono lo devo a tutto questo tempo trascorso. MI pento di molto poco. Alcuni persi mi mancano molto, altri sono volti sbiaditi in fretta e a cui penso più che altro con un sospiro di sollievo... Di certo la fortuna di aver potuto perder tempo è anche un cruccio, ora che ovrrei poter contare solo sulle mie spalle per poter decidere ciò che voglio e sogno liberamente, potendomi concentrare su quello che veramente conta per me.
A seguito di tutto questo la domanda è legittima e spontanea, direi:
- ma a me, che di traguardi prefissati da altri e non raggiunti in tempo per tirare le somme ora, di un fottuto compleanno qualunque, giorno indistinto a meno che non sia domenica e giorno come tutti sempre, cosa me ne dovrebbe fregare?

Ve lo dico chiaramente, non ci trovo niente da festeggiare. Giusto l'occasione per brindare e mangiare un dolce, che da bravo ciccione è gradevole. Festeggi chi ha traguardi raggiunti su cui riflettere o di cui bearsi. Io sto bene nella mia solita penombra a progettare una rinascita.


IL titolo: è semplicemente legato alla contrapposizione da socialnetwork. Questa da sempre, anche se ora meno, è l'ala cupa di corvaccio, la vibrissa sporca di morchia del gatto randagio, l'antro che solo alcuni conoscono della mia anima. Il resto è facciata da tutti i giorni e buoni pensieri. Una delle canzoni che davvero avrei voluto mettere è già stata qui e la rimetto perché abbastanza idonea

sabato 18 dicembre 2010

varcando soglie

Soglia di casa, guance che pizzicano e suole che scrocchiano.



Il sole da poco s'affaccia al cielo. E' una luce celeste a rischiarare la neve gelata.
Circospezione è la sola filosofia stamane. Ogni passo ricorda molto scelte della mia vita: dubbi e scivoloni. Giunto sull'asfalto é un attimo prendere rotazione con tutta la valigia e fare un passo che dura tre metri.
Anche camminare verso la stazione sa interessare se gli si presta orecchio. Infatti il crepitio del cammino muta come fiamma ed ogni muscolo è attento a non scivolare ancora. Ogni singolo movimento è apprezzato tantissimo, più intenso. I piedi si rincorrono rinsaldati dall'esperienza.

L'attimo migliore è al centro di Ponte della vittoria.
L'Arno scorre indifferente mentre il sole brilla di arancio e cipria che fende gli alberi e rimbalza sull'ansa del fiume.


Ho trovato il gusto di fermarmi a Respirare quell'istante, dimentico del traffico a ruote slittanti e dei treni fermi. Io, l'acqua, il sole. Già che ero questi, interiormente fuso, ho immaginato di voltarmi e lanciarmi con loro dentro la città, scorrerla e tingerla di riflessi così belli che molti li trascuravano.

Un respiro ancora.

La passeggiata riprende.
Scorro facce in attesa di automezzi inesistenti. Ombra e vicoli: passi nuovamente incerti.
Ogni via ha la sua personale risposta alla neve. Case con riscaldamenti al limite del geotermico già sciolgono le soglie ghiacciate. Altrove sono i balconi ad aver preservato i marciapiedi: passerelle intonse.

Stazione.
delirio e spasso. Ieri dei ragazzi in attesa avevano superato l'attesa del blocco totale facendo un enorme pupazzo di neve. Oggi invece al suo posto erano parcheggiati gli automezzi della protezione civile.
Ancora un respiro ai tetti bianchi prima di fronteggiare il viaggio da calamità naturale.

sabato 4 dicembre 2010

dubbi estemporanei

Girello nel web sfruttando un raro momento di pausa. Faccialibro, youtube, siti d'informazione (ormai i tg fanno più gossip di Signorini...) e mi trovo innanzi una canzone di quelle senza tempo: "The sound of silence".

Come resistere ad un ulteriore ascolto?
Già partono le prime note che inizia una carrellata di immagini. Tu_tubo è prodigo di queste cose ed io per primo ho sfruttato più volte, ma per questa canzone mi è sorto un dubbio.
Tutti associano questa canzone ad un'ode al silenzio e di conseguenza ad immagini che dovrebbero correlarsi a luoghi silenziosi, pacifici.
A nemmeno metà canzone è un tripudio di spiagge, boschi, praterie... ma non cose qualunque, no! c'è anche la spiaggia con palmizio e due sdraio in plastica vuote!
Cerco di non pensarci e chiudo gli occhi focalizzandomi sulla canzone. Ecco l'idea per il post: ma ricordavo male io il testo? o nessuno s'è mai un minimo soffermato su quel che c'è oltre a "il suono del silenzio"?
Vi invito a farlo se ancora non l'avete mai fatto



Questo non vuol denigrare certo le belle slideshows che ho visto, ma porre l'attenzione sull'idoneità di certe scelte dettate dalla fama e da associazioni mentali fatte frettolosamente o superficialmente in cui tutti incorriamo.
In questo mondo frenetico che ci porta a sovrastare il silenzio, vorrei esortarci a prendere fiato ogni tanto per godere del mondo che ci stiamo perdendo

domenica 5 settembre 2010

neanche stringendo i denti

Da un po' di giorni è tutto un sommovimento, uno strepitare, un interesse collettivo mass-mediatico riguardo la pena di morte. Non in generale, ma nello specifico di una donna, Sakineh, e del modo, la lapidazione.

Dopo giorni di pensieri che si intrecciano mi è sorto un dubbio: ha davvero senso una simile protesta, un simile sdegno??? E' davvero ingiusto???

Sia chiaro, le due righe soprastanti hanno l'ambizione di esser volutamente polemiche, eppure ho trovato una logica quasi disarmante. Tristezza.






L'Italia si unisce nello sdegno; Totti fa pervenire fiori sotto allo striscione esposto a Roma; il bravo Benny fa un intervento al giorno a riguardo; i tg tutti schiamazzano in ogni modo. Sbagliato? No.
E' cosa ottima. In teoria però queste proteste, questo sdegno, questa partecipazione d'anime dovrebbero tutte essere disgustate non dalla barbarie della lapidazione, bensì dall'orrido assunto a giudice divino dell'uomo che sentenzia la morte di un cospecifico.
Eppure tanto clamore non esiste in alcun tg quando si parla di pena di morte negli U.S.A. e poco meno di nulla giunge quando si va verso il terzo mondo.
Insomma, questo paese si tinge di lutto e rabbia per un costume di un paese e placido acconsente benevolo al medesimo costume in molti altri luoghi della Terra.
Siamo all'arbitrarietà della pena di morte.

Non solo: questo stesso paese ancora oggi ha truppe in appoggio per "guerre preventive", termine ancora oggi a me incomprensibile e immaginariamente associato al "calcio nei coglioni preventivo antistupro", con cui ipoteticamente una donna potrebbe sostituire risposte gelide, silenzi e due_di_picche generici.

A questo punto mi chiedo: può davvero un paese che non rifiuta le guerre e gli appoggi militari e non si adopra per fermare qualsivoglia sentenza di morte nel mondo arrogarsi il diritto di intraprendere una campagna contro una sentenza come quella di questi giorni??

Sono assillato da questo dubbio. Fin che l'uomo contempla un omicidio come soluzione, come può opporsi ad un altro omicidio, seppur svolto con modi differenti?

L'homo sapiens sapiens gioca con la morte dei suoi simili, ha l'assassinio nel genoma a quanto la storia racconta.

No. Non riesco a tollerare l'incoerenza di tutto questo. Mi fa schifo la maschera di tutti quelli che si dicono schifati. Maschere di sterco, vi preoccupate tanto del "come" senza minimamente guardare le vostre mani insanguinate dal "cosa".

A corollario, per assurdo, benvengano i favorevoli! Almeno costoro si mostrano coerenti con il modus vivendi che il mondo gli ha imposto. La morte è morte, non si può plaudere ad una ed inorridire per un'altra.


Fin che la tua mente contempla l'omicidio, anche le tue mani sono tinte di sangue. Non devi necessariamente vergognartene ma esserne cosciente si perdio.