domenica 25 aprile 2010

estemporanea

Bisogna smetta di gingillarmi, perché il lavoro che farò mi piace sempre di più.

sabato 24 aprile 2010

flow

normalmente il mondo, la penisola in cui vivo almeno, è un posto abbastanza strano. Puoi incontrare ogni genere di persone e sorridere. Sì perché un sorriso è qualcosa di sufficientemente ancestrale per non essere negato a nessuno tanto fa bene.

Poi si trovano le eccezioni, come quello che ad una biglietteria automatica di Roma mi apre lo sportellino e mi ordina di prendere il mio biglietto che ancora sta uscendo. Insidiosa violazione della nicchia biologica che vorrebbe potessi concedermi il mio sacrosanto momento di "mi chino, guardo, prendo il cacchio di biglietto coi MIEI tempi".
O come il vecchino che a Foligno cerca di dirottare sul treno da cui eravamo appena scesi sostenendo che "No, il capotreno ha detto che non è questo il treno per Perugia ma che quello da cui siete scesi prosegue"; peccato poi il frammento di sterco andasse a montare su quello che stavamo prendendo io e il resto del gruppetto...

Ecco, cara questa fetta di mondo incapace di sorridere e che vive di proprio alle spalle degli altri, io ti odio.

Per tutti gli altri, c'è sempre un sorriso.

venerdì 23 aprile 2010

breve ritorno alle origini

In questo periodo viaggio un po' come una trottola.
La testa è molto disorientata. Male.
Però nel disorientamento la mente recepisce e ritrova un gusto che nell'ultima decade si era un perso: il piacere del viaggio.

Non della meta, dell'iter vero e proprio. Attendere un treno, un taxi... salire un po' trafelati e tirare un sospiro enorme levandosi la giacca o il maglione mentre ci si siede.
Da lì è un alternarsi di musica nelle orecchie, ritmici saltelli sui binari e panorami bellissimi.
Un finestrino in viaggio è un portale su infinite frontiere, vere o fantasiose.
Si vedono campi, foreste, palazzi, castelli, astronavi, nuvole, sogni. Basta star seduti a godersi la mutevolezza che ci corre davanti.

Così come gli arrivi. Persone d'ogni tipo su cui immaginare storie, trascorsi e mete. A volte tuffarsi nella variegata vastità del mondo è un vero toccasana.


Buon viaggio a chiunque abbia occasione di farsi trasportare nel mondo!

mercoledì 21 aprile 2010

tears

Tetti ripidi color rosso intenso. Mura svettanti dalle tinte crema. Nemmeno un'ora prima dal finestrino di quel treno si vedeva l'eco delle onde increspate di luce. La sera scende sul mare mentre il treno scorre tra spighe e alberi da poco fioriti.
L'Urbe (auguri!!!) si riconosce dalla vista del G.R.A. sotto le rotaie, quindi caseggiati; il Tevere, i graffiti, le "scuderie" per i cavalli tiratori delle botticelle... qualche galleria che pare interminabile e poi lo stupore del Cupolone.

Tornare a Roma in treno riempie sempre gli occhi di novità e sensazioni, ed è facile la mente si perda a rincorrere pensieri.

Capitano però situazioni inaspettate, immagini che scuotono quel tanto che basta perché non se ne vadano.



Le stazioni sono storicamente un luogo di romanticismo e drammaticità da cinematografo. Memorabili addii e frasi ormai storiche.
Perché allora ho ancora negli occhi l'immagine di quella ragazza sulla banchina accanto con gli zigomi protesi in basso come gli angoli della bocca e gli occhi gonfi di lacrime?
Il pianto di una donna è qualcosa che si ripercuote in me con potente stridore. Quell'espressione tenera e disperata che ondeggiava in un andirivieni incerto lungo il binario davanti allo sfondo di Roma al tramonto strideva terribilmente: "SKREEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!"
Più che la curiosità del perché, la tentazione era di placare quell'espressione dolorosa. Non avrei certo preteso di consolare quegli occhi o risolverne il problema, ma strappare un sorriso, quello sì. Le lacrime sotto al tramonto di una sera di primavera sono un'antitesi eccessiva per risultare piacevole.



Avrei voluto abbassare il finestrino, o bussare per attirare l'attenzione. Mi sono accorto di non essere un improvvisatore mimico bravo quanto avrei voluto essere. Come far esplodere un sorriso fresco come la finestra che si spalanca al mattino e sereno come un sospiro profondo senza poter parlare e con solo pochi secondi a disposizione?

Non ho trovato risposta. Ho continuato a lasciare che quelle smorfie di cuore che s'infrange trafiggessero i miei pensieri.
Mentre il treno iniziava ad arrancare verso una nuova sosta nella mia mente si affacciava un'immagine nitida. Ho compreso la grande genialità di vecchi film dove la delicatezza e la comicità trovavano una perfetta, silenziosa intesa.

Non so se avrebbe capito, non so se gli auricolari dello stereo avrebbero avuto lo stesso impatto di due panini inforchettati. So che nella mia mente ho ringraziato Charles Chaplin ed ho rimpianto di non aver pensato subito a quel passo de "La febbre dell'oro".

Ovunque ella sia, le auguro finalmente quel sorriso che avrei voluto regalarle per godere del sole ed il cielo.



La grande genialità sta nel saper raccontare un'emozione senza bisogno di parole. Come una musica, come una danza, come il mondo...