nel cui vertice mi trovo. Ecco dove sono.
Imprigionato in una caterva di pensieri e dovrei e vorrei... come se un aruspice mi frugasse le interiora in cerca di buoni auspici per il futuro.
In una Sant'Elena di gesso sono il peggior compagno di solitudine da desiderare: resto immoto ad infierire su me.
Vorrei scrivere di quanto possa essere incantevole Roma passeggiandoci da soli, restando incantati ad ogni angolo se si sa guardare negli anfratti giusti; oppure vorrei raccontare di propositi o sogni.
Invece no, la realtà è che mi guardo intorno e recepisco a malapena che il mondo sta andando avanti, che la vita fuori dalla finestra sta passando di tramonto in tramonto mentre son qui in attesa.
In attesa di me malauguratamente! quindi ogni proposito roseo e florido di reazione si smonta al pari di chiare d'uovo montate e scordate sul tavolo, senza nemmeno il pizzico di sale.
Il mondo rotea intorno e dentro me è un soqquadro clamoroso. Io placidamente osservo dall'occhio del ciclone il caos in divenire.
Per una volta cerco davvero di pensare solo a essere felice, la lezione migliore da imparare da certi eventi. Una delle più difficili tuttavia. Per chi come me forse vuole più credere che ci sia un domani felice piuttosto che afferrarlo davvero, alla fine potrebbe trattarsi prevalentemente di determinazione. In questo sono notoriamente carente. Per giunta per affacciarmi nel domani forse dovrei avere chiaro tutto quello che sono; questo periodo era divenuto stabile ma di per sé è un pieno divenire della mia storia.
Come uscire da un turbine?
Dovrei aspettare che passi? o dovrei abbandonarmi al fluire dell'aria? Barricarmi? nemmeno! Forse la cosa più tipica di me sarebbe fare come ho sempre fatto col mare mosso di estate in estate, di anno in anno: affrontare la corrente; farsi trasportare nei momenti giusti, assecondandola un po' per caricare lo slancio e da lì piantare i piedi saldamente a terra e avanzare. Cercare la mia via anche nell'intemperie. Beh! onestamente allora farei proprio bene a cercare un mio colore, o cercare i miei colori per tingere il mondo degli altri, per chi vorrà farselo tingere.
Talvolta per scoprirsi felici bisognerebbe solo accettare di essere chi si è, capendo che tra chi ha solo il suo colore, chi s'è rassegnato alla sua scala di grigi, chi si fa tingere dei colori altrui perché non vuole pensare ai propri... alcuni potrebbero non andare d'accordo con chi tende maggiormente ad essere una tavolozza di colori.
Alcune persone devono colorarsi il mondo, illudersi e sognare. Per chi non rassegnarsi alla merda quotidiana della vita è un modo naturale di vivere, vedere ciò che non è guardando oltre alla sola realtà è come respirare. E' come una battaglia privata, resistenza passiva a oltranza alla grande beffa.
Un sognatore non dovrebbe mai desiderare di cessare di esserlo. E' un ruolo difficile ma anche una parte bellissima, quella di chi non si rassegna. Non si piacerà a tutti e non sempre si sarà felici.
Ma il momento per colorare il vortice dell'arcobaleno e renderlo un incanto fiorito arriva per tutti. Talvolta il modo migliore per capire quando sia il momento di farlo è capire che vicino ci sono persone che apprezzano i colori che usi ed altre che sanno insegnarti una pennellata diversa, infine a saper guardare bene c'è anche chi ha una tavolozza coi colori che mancano a te e sa suggerire tele da tingere assieme... tutto sta nel capirlo. E se il modo avrà fatto soffrire essere felici sarà la sola risposta. Salvo rari casi non esistono colori sbagliati, ma solo individui non ancora pronti a prenderne coscienza.
Vado a cercare un pennello.
PS: post scritto evidentemente in due momenti della giornata, come il marcato stacco triste\ottimista dimostra (e ribadisce la mia sindrome bipolare)
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento