Non è Agosto, ma è già estate prima che sia stato solstizio.
L'aria calda corre lungo la notte. Sale dai muri portandosi l'odore del suono delle strade.
Nel caldo dell'estate e nel trillo delle cicale sperdo i miei pensieri.
E' da tempo, dal tempo di una persona speciale, che ogni volta che si allontana dalla mia vita un elemento portante mi rifugio in questo basso.
Parole di persone lontane, persone perdute. Ferite da guarire al cicatrizzare del vento, del tempo soffiato via.
Se nell'accezione comune l'estate è una stagione di conquiste ed innamoramenti, per me è il momento delle disfatte, dei progetti in frantumi. Ho un regime da basse temperature da che ho lasciato il nido natio.
Mi sbalordisce sempre l'idiozia dei miei lucciconi immedesimati nel pensare ancora al bene di chi si perde.
Forse è naturale.
Potrebbe anche essere solo stupidità. Uno sciocco altruismo che anche quando si dovrebbe pensare a lenire il proprio male si cura di quel legame ormai sgradito all'altro capo della corda.
Resto convinto che volere la gioia dell'altra metà a prescindere da sé sia una grande manifestazione d'amore. Eppure mi sento sempre tanto stupido a continuare a sentirmi vicino anche a chi è ormai distante.
Le notti estive sono sempre belle da contemplare. Auto rade che passano rapide. Schiamazzi e risate. La notte umida che si incolla addosso mentre il cielo terso racconta di zefiri e nuvole trascorse. La notte d'estate è una pinacoteca da scoprire e interpretare. L'unica cosa auspicabile è non aggirarcisi in solitudine.
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